Madonna della Misericordia di Gallivaggio

Cari Fratelli e Sorelle: vi siete dati uno spontaneo appuntamento in questo vostro santuario, quale centro spirituale di tutta la Val Chiavenna, dal momento che tradizionalmente questo luogo è riconosciuto quale oasi per lo spirito, punto di attrazione consueto, divenuto, di anno in anno, per tutti, sempre più familiare e caro. Io sono qui per la prima volta come vostro vescovo, avendo atteso vivamente questa giornata per incontrarvi, per poter invocare con voi il  Signore tramite Maria, perché la preghiera quale espressione comune sia benevolmente accolta, se uniformiamo alla nostra voce anche il nostro desiderio.

Ogni santuario ha una sua storia ed è motivo per pregare Maria con una intenzione particolare. Qui Maria, apparendo a due povere fanciulle nel 1492, si è presentata quale madre della misericordia. Maria ha il compito di attestare, come ci ha ripetuto Papa Francesco, che “la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno” (MV 24). In lei e nella dolcezza del suo sguardo, possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Questo è il grande compito che ci è offerto ogni qualvolta ci rivolgiamo a Maria. Intravvedere dentro i suoi comportamenti qualcosa che appartiene al Figlio suo, dal momento che Maria è lo  strumento attraverso cui Dio si serve per rendere visibile la sua bontà misericordiosa verso tutti gli uomini, suoi figli.

Dall’alto della croce, come dono supremo, Gesù ha voluto che tutti gli uomini, a partire da Giovanni, il discepolo amato, potessero godere della maternità della madre sua, della sua tenerezza e del suo amore compassionevole verso ogni uomo. Vorrei che la nostra comune preghiera si concentrasse su un unico obiettivo: quello di affidare a Maria l’esperienza ecclesiale alla quale ho chiamato tutti i fedeli della nostra Chiesa, attraverso la celebrazione di un prossimo Sinodo.

Mi è parso che questo impegno potesse offrire la possibilità di estendere i benefici dell’anno santo della misericordia, attualizzati nei nostri contesti di vita al di là della chiusura del Giubileo. “Termina il Giubileo  e si chiude la Porta Santa, ha ricordato il Papa, ma la porta della misericordia rimane sempre spalancata. Abbiamo imparato che Dio si china su di noi perché anche noi possiamo imitarlo nel chinarci sui fratelli”. E’ tempo quindi di guardare avanti e di comprendere come continuare con fedeltà, gioia ed entusiasmo a sperimentare e trasmettere la misericordia divina perché essa diventi proprietà comune. E’ un compito al quale non possiamo sottrarci perché il mondo ha bisogno della misericordia: senza di essa non può continuare a vivere.  “Le nostre comunità, prosegue i Papa, potranno rimanere vive e dinamiche nell’opera di nuova evangelizzazione nella misura in cui la “conversione pastorale”, sarà plasmata quotidianamente dalla forza rinnovatrice della misericordia”. La nostra preghiera si concentra quindi su questo obiettivo: non tenere gelosamente per noi quanto abbiamo ricevuto, ma condividerlo con i nostri fratelli, così che le nostre Comunità si aprano a raggiungere quanti vivono nel nostro territorio e a tutti possa giungere la carezza di Dio attraverso la nostra testimonianza di credenti.

E’ un compito affascinante, anche se impegnativa, che coinvolgerà e impegnerà tutti i battezzati: sacerdoti e religiosi, persone consacrate, ma anche famiglie, giovani, adulti e anziani. Sarà anche una prova di maturità per la nostra Chiesa attraverso cui verificare la nostra fedeltà alla voce dello Spirito, ma anche per rispondere umilmente alle attese del mondo, che dai cristiani si aspetta una nuova ventata di speranza e un aiuto concreto che susciti in tutti, anche nei non credenti, un sincero desiderio di rinascita. Ci aiuti Maria, madre della misericordia, a raggiungere questi obiettivi.

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