Funerale don Carlo Basci

Tra le vittime del corona virus è compreso anche il nostro don Carlo, a cui oggi diamo comunitariamente il saluto e per il quale celebriamo questa Eucaristia.      Don Carlo è uno dei sacerdoti del presbiterio diocesano che il Signore ha chiamato a sé proprio in quel periodo drammatico della nostra storia e che come tante persone a noi care, sono state sepolte in tutta fretta senza un degno saluto da parte degli amici e dei familiari!

Già tanto tempo è trascorso ormai dalla morte di don Carlo, ma solo ora si è deciso di celebrare questa Eucaristia di suffragio in questo luogo, per permettere a voi parrocchiani di essere presenti il più numerosi possibile, viste le restrizioni numeriche a cui siamo tenuti ancora oggi per le celebrazioni nelle chiese.

La Parola di Dio è sempre efficace per ogni circostanza della nostra esistenza. Quella annunciata oggi è particolarmente adatta a interpretare la persona e la vita di don Carlo, che è stato vostro amato parroco, quale arciprete di Menaggio, dal 1994 per ben venticinque anni e di Loveno, Nobiallo e Croce dal 2009.

Don Carlo ha voluto essere tumulato tra voi per testimoniarvi il suo amore fedele perché il legame che un pastore sviluppa con la sua comunità  è il risultato di una storia condivisa tra i giorni felici e  momenti di fatica e di prova.
Siamo sicuri che don Carlo  dal cielo continuerà a vegliare  su tutte le vostre Comunità.

Noi infatti dipendiamo gli uni dagli altri, siamo l’  insieme di tutto ciò che abbiamo vissuto, soprattutto delle persone con le quali siamo entrati in relazione e che ci hanno aiutato a diventare adulti,  ci hanno sostenuto e accompagnato nel cammino non sempre facile e lineare della fede.

Quest’ opera della nostra formazione personale, che dura tutta la vita, si è prolungata negli anni attraverso l’incontro con uomini di Dio, come don Carlo, che ci hanno educato a vivere da figli dell’unico Padre e insegnato a prenderci cura degli altri, proprio perché nostri fratelli, chiunque siano, secondo la “mistica della fraternità”. “La forza della fraternità è la nuova frontiera del Cristianesimo”, ci ha insegnato papa Francesco.

Da qui il nostro corale ringraziamento a Cristo, buon pastore, che ci ha permesso di godere a lungo dell’azione pastorale di don Carlo, un suo discepolo amato, dotato di sapienza, di “un cuore docile, saggio e intelligente” di cui parla la prima lettura, dal primo libro dei Re.
Il Signore, apparso in sogno a Salomone, chiede espressamente di esprimergli ciò che più desidera da lui.

Ed egli si preoccupa di essere dotato di tutte quelle virtù necessarie e indispensabili per poter governare il suo popolo, ossia di essere in grado di promuovere ciò che maggiormente giova al vero bene della Comunità e dei singoli.
È una richiesta felice, perché lascia emergere in Salomone  non il desiderio vano di cercare se stesso e i propri interessi personali ed egoistici, ma la sua sincera volontà di servire unicamente la sua gente.

Un vero pastore si qualifica proprio come un uomo totalmente dimentico di sé, proteso  unicamente alla cura e  alla utilità della Comunità che gli è stata affidata e dei suoi singoli membri, a imitazione di Gesù, che è venuto tra noi “non per essere servito, ma per servire”.
Don Carlo lo ricordiamo proprio  così: un pastore capace di amare, di donare fiducia, di permettere alle persone bisognose di sentirsi accolte, amate e ascoltate, rappresentando così al vivo l’immagine di Dio, che si fida di noi, ci chiama e ci stima, nonostante i nostri limiti e i nostri sbagli.

Per diventare liberi da noi stessi e delle nostre idee, trasformate in realtà certe e assolute, che ci impediscono di crescere allargando i nostri orizzonti, c’è bisogno di aver scoperto personalmente, e scelto come unico tesoro, il Signore Gesù, per il quale si diventa capaci di vendere tutti gli altri beni che si possiedono, comprese  le personali vedute e sicurezze, pur di comprare Lui,  il nostro tesoro più grande.
Don Carlo ha scoperto, fin dalla più tenera età, in Cristo Gesù, Colui che ci dona la pienezza della vita e della felicità.

L’arte pastorale, che s. Gregorio Magno ha definito “l’arte delle arti”, consiste proprio nell’accompagnare le persone a riconoscere in Cristo Gesù la propria  pietra preziosa, Colui dal quale siamo stati amati per primo, così da lasciar trasparire, anche visivamente, una gioia limpida e intensa.

È l’arte che don Carlo ha esercitato presso di voi per aiutarvi a diventare veri discepoli di Gesù.
Senza sentirsi conquistati da Gesù, attratti al suo amore, non è possibile annunciarlo, dal momento che  la missione è questione di irraggiamento.

La preoccupazione primaria di don Carlo  è stata quella di aiutare i battezzati all’ incontro personale e comunitario con il Signore Gesù, presente e vivo oggi nella sua Chiesa, quale condizione indispensabile per poter testimoniare missionariamente il suo amore agli uomini di oggi.

È il monito che, attraverso di me, don Carlo lascia oggi risuonare di nuovo tra voi, quale sua eredità preziosa, per giungere a  scoprire Dio nel volto degli altri, in ogni essere umano, e cercare la felicità degli altri, e non solo la propria, come la cerca il nostro comune Padre Buono (cfr EG 92).

Grati per una così lunga e limpida testimonianza nel fedele servizio, chiediamo al Signore che don Carlo possa godere in cielo dei beni promessi da Dio ai suoi servi fedeli.

 

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