25° consacrazione chiesa – Memoria di don Piercarlo Contini

  1. Questo è tempo di memoria, tempo di benedizione e di lode

 Fare memoria significa riconoscere che il luogo in cui ci troviamo è una terra santa, una casa di Dio costruita dal suo popolo, dove il  Signore abita tra la gente, accompagna la distesa dei giorni e condivide da vicino le nostre  gioie e sofferenze.

Molti di voi sono testimoni di come questa Chiesa sia stata edificata: è stata un’ impresa ciclopica, audace, un sogno da perseguire tenacemente, nonostante a ristrettezza finanziaria, ma ci ha pensato la Provvidenza.

Occorre essere consapevoli che il progetto globale includeva un intento duplice: che la casa di mattoni crescesse in contemporanea con la coscienza di educare la gente, proveniente da ogni parte dell’Italia, perché diventasse “popolo di Dio”.

Che la casa di mattoni esprimesse la Chiesa  come famiglia, dove tutti si trovano a loro agio, si sentono accolti dalla bontà di Dio, ma anche da un clima di accoglienza, di freschezza e di gioia fraterna, di solidarietà sincera.

L’obiettivo era ben preciso: ottenere un coinvolgimento pieno della gente, perché la sentisse subito fin dall’inizio di sua proprietà, “la nostra Chiesa”, dove con l’intento di costruire una casa di mattoni per la  comunità crescesse  anche la gioia di sentirsi fin da subito una parrocchia che cresce in questa consapevolezza.

Le persone sono state interessate nella realizzazione dei due obiettivi insieme. Ed è cresciuto l’entusiasmo, la gioia di avere una casa degna, insieme alla consolazione di crescere come comunità e di sentirsi popolo di Dio, popolo sacerdotale, profetico, regale, ossia un popolo formato da persone ciascuna delle quali ha i suoi doni, la sua vocazione, il suo posto nell’insieme, che Dio ben conosce.

  1. Questo è tempo di ringraziamento.

Per questa duplice opera era necessario che Dio suscitasse un pastore con questo carisma: con la capacità di coinvolgere, appassionare, entusiasmare, legare insieme i due obiettivi senza mai disgiungerli. Don Piercarlo, con i preti che hanno collaborato con lui, in piena unità di intenti, è stato  l’uomo della Provvidenza. Per promuovere, da una parte, la costruzione di una chiesa che fosse espressione del Concilio Vaticano II, dall’altra per far crescere la coscienza di essere popolo di Dio, promuovendo in modo speciale il laicato, dando loro fiducia, investendoli di responsabilità, a partire dagli sposi, dalle famiglie. Dobbiamo ringraziare il  Signore perché ci ha donato l’uomo giusto al momento giusto. Don Piercarlo: un uomo di comunione, capace di rapporti veri e profondi, delicati e rispettosi verso tutti e verso ciascuno.

3.Per noi, oggi, è tempo di aprirci al futuro e alle sue sfide.

Ora noi siamo qui non solo per ringraziare, ma anche per trovare coraggio di proseguire come comunità cristiana, a partire dalle sfide odierne, considerate però come una occasione.

Come tutta la Chiesa di quaggiù siamo in cammino verso la patria. Il nostro è un popolo pellegrinante nel tempo verso la casa di Dio, Un “popolo messianico, che pur non comprendendo in atto tutti gli uomini, costituisce per tutta l’umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza” (LG, 9)                                                                                                                                                                                         Inserita nel mondo, ma con regole distinte da quelle mondane. A volte saremmo tentati di uniformarci alla mentalità del mondo, o di ripiegarci su noi stessi, ma allora subito la casa di Dio sarebbe ridotta a semplici mattoni, come fosse un museo.

A noi il compito di costruire la Chiesa di quaggiù, guidati dallo Spirito Santo, a immagine della Chiesa di lassù; dove regna la piena adorazione della Trinità; dove tutti partecipano della piena comunione interpersonale e condividono la gioia della fraternità; dove gli uni godono del bene degli altri come se fosse proprio; dove la legge della fraternità impegna la nostra solidarietà. Questa è l’immagine di chiesa che noi vogliamo anticipare vivendo inseriti nella comunità parrocchiale.  In questo modo la Chiesa offre già fin da subito una testimonianza di comunione attraente e luminosa (EG 99)

Presentando la Chiesa nella sua vera identità, Papa Francesco la paragona a una “piramide rovesciata”, dove la parte superiore è costituita dalla base, ossia da tutto il popolo dei battezzati (che è la maggioranza), a servizio dei quali sono i diversi ministeri, a imitazione del messianismo del  Signore, che non è quello della potenza, ma del Servo. Come ci annuncia il Vangelo di oggi. “Se uno vuol essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.

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