S. Messa in ricordo delle vittime della frana della Val Pola (1987)

Dopo la dignitosa celebrazione di martedì 18 luglio, che la comunità civile ha indetto a ricordo del 30º anniversario della alluvione in Valtellina, alla presenza del Capo dello Stato e delle maggiori autorità civili e militari, ci ritroviamo questa sera come comunità cristiana per ricordare con l’eucaristia l’anniversario della tragica frana del 28 luglio, che tanto dolore e lutti ha comportato. Consegnamo di nuovo alla misericordia di Dio tutte le vittime di quei giorni, famiglie intere sepolte in quella terribile mattinata. E preghiamo anche con Don Carlo Bozzi, deceduto nel 2001, che per tanti anni ha accompagnato la sua Comunità  e ora ha raggiunto i suoi parrocchiani,  godendo con loro l’eternità  beata del paradiso.

Abbiamo già avuto modo di ricordare come i valtellinesi, in quei tristi frangenti, abbiano reagito di fronte alla tragedia: con grande dignità, con una volontà indomita di ricostruire, manifestando una grande solidarietà e soprattutto con un intenso spirito di fede, ricorrendo al Signore, che vuole sempre il bene dei suoi figli e affidandosi alla protezione della vergine Maria, tanto venerata nei santuari della Valtellina, a partire da quelli di Tirano e di Grosotto. Se le forze della natura hanno fatto il loro corso, l’impegno di condivisione nelle fatiche, nel dolore, nella inquietudine di quei giorni, hanno moltiplicato la forza dell’amore, più potente di ogni naturale resistenza. Ha prevalso il desiderio di sentirsi uniti, in un’unica famiglia solidale, dove ci si sente responsabili gli uni degli altri, dove ci si prende cura dei più bisognosi, dove si sanno attingere nuove risorse interiori per ricominciare, nella certezza che i valori fondati sulla fede, radicati profondamente nel nostro popolo, soprattutto la fiducia in Dio, sono il segreto che segna la rinascita spirituale, risorsa fondamentale che ha permesso una ripresa di nuove condizioni di vita negli anni successivi.

Fare memoria delle vittime dell’alluvione non significa però semplicemente ritornare al passato. Il loro ricordo ci sprona a guardare al futuro con speranza. Credo che le comunità cristiane abbiano il dovere di aiutare i credenti di oggi a porsi alcuni interrogativi, per ricavare dalla prova vissuta utili insegnamenti per l’oggi, per il modo di sentirsi chiesa oggi, per il modo di vivere la fede oggi, individualmente e comunitariamente, e così imparare a “trovare Dio” dentro le situazioni storiche in cui siamo chiamati a vivere attualmente. Vi propongo allora alcune domande, a cui vale la pena di soffermarsi e che chiedo di riprendere attraverso momenti di riflessione, che potrete provvedere nelle vostre parrocchie.

  • Quale insegnamento abbiamo imparato dalla sciagura che ha colpito la Valle trent’anni fa?
  • La provvidenza di Dio nei giorni della prova si è fatta palpabile attraverso tanti segni. Siamo disposti a riconoscere la mano di Dio attiva nel nostro tempo o crediamo che basti l’uomo con le sue tecniche ad affrontare le situazioni complesse o avverse?
  • Tanti nostri fratelli, nei giorni dell’alluvione, hanno perso tutto a livello materiale. I loro beni si sono improvvisamente annullati, ma non hanno rinunciato alla gioia dell’amore familiare, ai legami amicali con la comunità di fede. Noi oggi viviamo nel benessere, tentati di aggrapparci alle sicurezze materiali che possediamo. Siamo sicuri che la felicità non deriva dai beni materiali ed economici, dalla quantità delle risorse materiali, ma dalla capacità di vivere intensamente la fraternità, usando anche i nostri beni in funzione di questa fraternità?
  • Nei giorni della tragica frana abbiamo sperimentato una generosa solidarietà da parte di tante persone, istituzioni e associazioni, da ogni parte d’Italia. Siamo noi disposti ad altrettanti gesti di solidarietà e di accoglienza nei confronti di quanti oggi sono provati: terremotati, profughi, immigrati, persone sole e bisognose?
  • La fede nella presenza amorosa di Dio, che passa attraverso le ferite dell’umanità, ha permesso, trent’anni fa, di attraversare i giorni della prova con un coraggio indomito, nella certezza che Dio è con noi nell’ora della prova.

La nostra fede in Dio manifestata nell’ adesione a Gesù Cristo, presente oggi nella sua Chiesa, è ancora così profondamente radicata? Come possiamo aiutarci per crescere nel cammino della fede?

Sono domande che non possono essere date per scontate, ma che richiedono tempo per essere pazientemente rielaborate, se crediamo che il Signore, proprio attraverso quel alluvione, possa averci parlato e soprattutto se crediamo che la fede in Lui possa aiutarci a vivere oggi, qui, nel nostro territorio, con le nuove sfide, da cui siamo interpellati. “Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”. La nostra gente  ha una fede ben radicata, ma tutti comprendiamo che per essere autentica deve poter illuminare la nostra situazione attuale e dare risposte significative alle tante domande di senso che ci interpellano e ci inquietano. I nostri I giovani hanno bisogno di essere aiutati dalle Comunità a entrare in un rapporto vivo con Gesù cristo, signore della storia, hanno bisogno di trovare in noi dei testimoni della bontà di dio e della sua misericordia, che ci consola in ogni nostra tribolazione e ci invita  a una vita fondata sulla solidarietà e sul dono eucaristico di noi stessi.

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