Discernimento culturale per la Chiesa di oggi

La notizia negativa – diciamolo subito – riguarda la partecipazione. Una platea di 80 presbiteri (la metà, circa, nella ripresa pomeridiana) è francamente troppo esigua per un incontro di aggiornamento. Qualcosa occorrerà rivedere nella modalità della proposta. Ma anche nella “deontologia professionale”, che contempla la “formazione” fra i doveri più importanti per la coscienza presbiterale. Certo non di meno – semmai qualcosa di più – di quanto viene richiesto a qualsiasi “categoria professionale”.

La notizia positiva è stata la qualità dell’intervento di don Mario Antonelli. Insegnante di teologia fondamentale alla Facoltà teologica di Milano, con alle spalle anche un’esperienza “fidei donum” in Brasile, a attualmente vicario episcopale dell’Arcivescovo Delpini, don Mario ha aiutato a riflettere sull’aspetto culturale del discernimento pastorale. Al di là delle parole roboanti, l’attenzione è andata sulla messa a fuoco di alcune caratteristiche dell’azione della Chiesa nel mondo attuale.

  1. l‘azione diabolica, nel nostro tempo, si esercita non solo sulla vita della Chiesa (kairos) ma anzitutto sulla consistenza stessa dell’umano a cui l’annuncio evangelico si rivolte (kronos). Alla Chiesa incombe così la missione di essere luce sciogliendosi nelle esperienze elementari dell’umano, oggi così insidiato e decomposto. Prim’ancora, incombe di recuperare quello spessore relativo di tutta la vicenda umana (un cristianesimo rabdomante, l’ha definito don Mario), annunciato dal Vaticano II e poi andato un po’ smarrendosi. E questo il discernimento culturale a cui siamo chiamati. La Chiesa stessa, peraltro, non deve cedere alla tentazione “neognostica” di cui parla Papa Francesco (ossia la tentazione di sapere già tutto del Regno, anche se nza il mondo e senza la storia). E nemmeno a quella “neo-pelagiana” di un rapporto bellicoso e antagonista con il mondo e con la storia, che si riflette anche nella critica al rinnovamento interno della Chiesa stessa in senso più pastorale e materno.
  2. Questo discernimento del mondo e della storia deve ritrovare il suo soggetto unitario nel popolo di Dio, articolato, al suo interno, fra gerarchia dei Vescovi e carisma secolare dei laici. Ai vescovi (ed ai loro collaboratori) spetta, per così dire, la competenza sulla genuinità del Vangelo, da distinguere pazientemente dal flusso spesso caotico delle opinioni umane. Ai laici battezzati compete il protagonismo nel saper individuare la novità storica capace di incarnare il Vangelo. Sono i laici (coloro per i quali le cose esistono, secondo la bella definizione di Congar) i professionisti della vita e della storia.
  3. Infine il discernimento culturale è chiamato oggi ad assumere fino in fondo la profondità del principio enunciato da Evangelii gaudium “il tempo è superiore allo spazio”. Un principio che comporta una rivisitazione profonda del nostro essere Chiesa e dello stile pastorale. Citando largamente Michel De Certau (uno dei maestri di Papa Francesco), don Mario ha riflettuto su cosa significa una Chiesa preoccupata più di “avviare processi” (di educazione dell’umano alla luce del Vangelo) che non di “occupare spazi” (di potere, di prestigio, di “influenza” sui meccanismi secolari).
condividi su