Festa Madonna del Soccorso

Una folla numerosa andava con Gesù”, abbiamo ascoltato nel Vangelo, come noi, oggi, accorsi qui, nella festa della natività di Maria, sua e nostra madre.

Perché accorreva così tanta gente dal Signore?

Ognuno aveva il suo perché, come noi, oggi. Certamente perché le persone erano attratte da una forza interiore, quella dello Spirito, o perché conquistate e affascinate dalla sua persona, o perché sorprese e meravigliate dalle sue parole e dai miracoli che compiva.

Non mancava nemmeno chi accorreva a lui per coglierlo in fallo, per contraddirlo, perché la sua parola era chiara e dura nei confronti di chi aderiva a parole o solo esteriormente al Dio dei padri, ma il loro cuore era lontano da Lui e quindi anche le loro opere.

Una folla numerosa andava con Gesù, eppure Egli non risparmia ai suoi uditori parole chiare e nette, sferzanti e ben direzionate, come quelle che abbiamo ascoltato. “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”.

Queste parole così precise non sono innanzitutto un invito a tagliare nettamente tutti i legami affettivi più stretti. Nessuno può disprezzare le relazioni familiari, o dimenticare il bene ricevuto.

Tuttavia al di sopra di tutto e di tutti, Cristo Gesù vuole che gli si attribuisca il primato. E’ lui il Signore della nostra vita, da lui e dal suo Spirito attingiamo la sorgente dell’amore. E il suo amore si espande, va al di là del nostro nucleo familiare, si prolunga oltre.

Egli chiama ogni suo discepolo ad un amore dilatato, più grande di quelle relazioni familiari che pretenderebbero di concentrarsi nello stretto nucleo della parentela.

Condizione per essere discepoli di Gesù è dunque quello di preferire Lui, mettendolo prima e sopra di ogni altro bene, mentre portiamo con lui la nostra croce.

La croce è il segno supremo dell’amore. Portare la croce dunque significa accettare di amare con la stessa intensità con cui Gesù ama, offrendo per amore ogni fatica e trasformando ogni occasione quotidiana, anche la più semplice, come una opportunità per amare, ossia impegnandoci a fondo nel dono generoso di noi stessi.

Fare della nostra vita un bene donato, come risposta a un amore che abbiamo ampiamente ricevuto: ecco il programma di ogni discepolo di Gesù, dal giorno del suo Battesimo. È Dio che ci ha amato per primo nel suo figlio Gesù e ci ha donato lo Spirito santo che ci permette di amare a nostra volta con lo stesso stile con cui Gesù ama.

È’ commovente la breve lettera che s.Paolo indirizza a Filemone, nella seconda lettura, perché accolga nella sua casa uno schiavo, Onesimo, come un fratello carissimo nel Signore. Mentre glielo affida, S.Paolo gli raccomanda che il bene che compie nei confronti di questo fratello non sia forzato, ma volontario. Capita anche a noi. Il bene non può essere fatto controvoglia. Certe occasioni, soprattutto quelle non previste, ci scombinano e siamo tentati di desistere. A volte ci ribelliamo quando certe situazioni sembrano troppo esigenti e richiedono un supplemento di impegno e quindi una maggiore disponibilità a servire e ad amare. In quel momento chiediamo al Signore che ci doni un cuore capace di amare, perché è proprio lì che verifichiamo se amiamo veramente o se, all’ opposto, si tratta solo di un impegno momentaneo e passeggero.

Maria, tu che hai accettato benevolmente i pesi della vita e hai riconosciuto in essi il disegno di Dio, soccorrici nella nostra debolezza e fa’ che portiamo la nostra croce, imitando il tuo Figlio, che ci ha amato e ha donato tutto se stesso per noi.

 

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