Funerale don Domenico Garbellini

Raggiunge oggi la casa del Padre il nostro don Domenico e noi, con la preghiera di intercessione, a nome di tutta la Chiesa, del presbiterio in particolare e delle comunità parrocchiali che egli ha amato e servito.

Siamo qui per accompagnarlo e sostenerlo nel suo ultimo viaggio, affidandolo a Cristo, pastore dei pastori, quali fratelli e amici che hanno condiviso con lui momenti significativi del ministero pastorale, all’interno del quale don Domenico si è generosamente speso, per ben 66 anni.

Un esempio di fedeltà testimoniato a tutti, anche se i giovani oggi faticano a credere come sia possibile perseverare così a lungo nell’amore donato, in condizioni anche impegnative e problematiche.

Il germe del Battesimo, ricevuto in dono da don Domenico, (quel germe che permette di vivere in Cristo una vita nuova, secondo lo Spirito), è cresciuto innanzitutto dentro la sua famiglia, numerosa e ben compatta, residente in questo paese (Cologna), a cui don Domenico era legato affettivamente. Egli ha amato questa sua comunità di origine, tanto che ha voluto tornare qui nel momento del suo distacco dall’ultimo impegno pastorale, ministro di ascolto e di riconciliazione, nel santuario di Tirano.

La fede battesimale si sviluppa, infatti, normalmente,  in famiglia, là dove i genitori insegnano ai loro figli a pregare e vivono il Vangelo quotidianamente, nella semplicità di una vita ordinaria, più con l’esempio di vita che con insegnamenti dottrinali.

A poco a poco, la grazia battesimale ha prevalso sull’uomo vecchio, anche se ben sappiamo per esperienza che la vittoria sul peccato richiede una continua purificazione, esige una vera e continua lotta tra il bene e il male.

Diventare simili a Gesù, risorto da morte, sposo e pastore della Chiesa, mite e umile di cuore, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, ha obbligato don Domenico, attraverso il ministero ordinato, a un progressivo processo di identificazione con lui, che passa attraverso un cammino di relazioni interpersonali, fondati sulla verità  e sull’amore.

Nessuno di noi nasce mite, lo possiamo però diventare se accogliamo la grazia di Dio, e se insieme la sappiamo far fruttificare mediante una non sempre facile e immediata accoglienza degli altri, accettando anche i loro limiti e soprattutto promuovendo le occasioni di bene che nascono all’interno di una vita condivisa a servizio dei fratelli.

Lo ha imparato don Domenico servendo le diverse realtà parrocchiali a cui è stato inviato, finanche il Seminario diocesano, del quale è stato economo per ben 14 anni. (Quante ottime mele ci hai fatto gustare in quegli anni, frutto della tua terra!). 

“Imparate da me, che sono mite e umile di cuore. Il mio giogo è dolce, il mio peso leggero”. Gesù conosce bene il cuore dell’uomo. Comprende la nostre paure nell’accogliere e sostenere  le difficoltà che ci si presentano, quando vorremmo essere dappertutto, tranne che nel luogo dove ci troviamo, con le persone che la Provvidenza ci ha affidato (e non con altre!). Gesù conosce le nostre esitazioni nell’ affrontare un ministero diverso da quello che ci saremmo aspettati, con situazioni imprevedibili, tanto è originale la vita di ciascuno.

Don Domenico, divenuto mite, a immagine di Gesù, fu un uomo fedele, sempre disponibile, credendo che la volontà di Dio si manifesta dentro le strutture povere della Chiesa, alla quale egli aderì, in piena obbedienza, con animo lieto. Me lo confidava Lui stesso, soprattutto nella fase del non facile passaggio dalla sua amata parrocchia di Cosio al Seminario diocesano.

Dietro l’immagine di un uomo all’apparenza rude ed essenziale, si poteva intravvedere, a ben conoscerlo, la tenerezza di chi, sentendosi amato da Dio, si prodigava volentieri per gli altri, donando tutto se stesso e in piena umiltà.

Lo accolga ora il Signore nell’assemblea dei Santi .

 

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