V DOMENICA DI PASQUA

PAROLA DI DIO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,1-8)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre
mio è l’agricoltore.
Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella
vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non
potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e
secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano».

PENSIERO
Basta rimanere collegati alla Vite per portare frutto?
Basta rimanere collegati alla Vite per vedere ascoltati e realizzati tutti i
nostri desideri?
Gesù nel vangelo ci dice che noi non siamo né la vite, né l’agricoltore, ma
siamo il tralcio: l’innesto che va curato. E Lui a tutti i tralci dona cura e
dedizione e non ci chiede niente in cambio se non di rimanere in Lui, rimanere con Lui.
Nella realtà facciamo fatica a fare anche questo… Siamo talmente attaccati a noi stessi che ci resta sempre difficile fidarci totalmente di qualcun
altro, anche se questo altro ha la “A” maiuscola.
Come è bello vedere chi si dà da fare per coltivare questa connessione
con la vite e porta frutto in famiglia, nel lavoro, nella comunità parrocchiale e non.
Come l’agricoltore cura l’innesto nella sua vite, anche noi dobbiamo provare a costruire, nonostante le abitudini consolidate (“abbiamo sempre
fatto così”), a guardare oltre le ripicche (“me lo aspettavo, è sempre la
solita storia”), a saper ricominciare ogni volta (“mi ami nonostante tutto,
per questo mi rimetto in gioco”). Quando Gesù narra quello che l’Agricoltore fa coi rami secchi (che vengono tagliati, gettati nel fuoco e bruciati) crea un po’di sgomento. Non lo
fa per punirci, ma per metterci in guardia su quello che può capitare a chi
si allontana da Lui. Dio ci ama sempre e comunque, ma l’allontanarci da
Lui può generare un senso di inutilità, l’impressione di viaggiare senza
meta e scopo, col rischio di perderci e di cadere. Crediamo che portare
frutto sia lo scopo di ogni vita, ma portare “molto frutto”, grazie all’amore
che un Padre ti dona gratuitamente, è il compimento della nostra natura
di figli.
Riflessione scritta dai coniugi Mariagrazia e Daniele. Anno 2021

GESTO
In punta di piedi… porta molto frutto!
Aver compreso la logica di Gesù, significa aver accolto la logica del dono.
Solo così possiamo anche noi portare frutto. Cosa possiamo donare? La
spesa è un gesto abituale, che spesso compiono i genitori o i fratelli più
grandi. I ragazzi hanno l’abilità di convincere i genitori ad acuisti imprevisti: “prendiamo anche questo?”.
E se davvero, di tanto in tanto, nascesse l’abitudine di acquisti imprevisti
per dare da mangiare a chi ha fame? È come fare spazio ad altri alla propria tavola. È possibile decidere insieme quando compiere una spesa un
po’ speciale. È bene dire ai ragazzi quanti soldi si hanno a disposizione in
modo tale che siano loro stessi a gestire la scelta
degli alimenti da comprare. I genitori ovviamente
aiuteranno a cogliere che cosa è più essenziale e
cosa meno, cosa più costoso e cosa meno, lasciando però la scelta finale ai figli. Il cibo acquistato può essere, in un secondo momento, offerto alla Caritas parrocchiale o a qualche altra
associazione caritativa che si occupa della distribuzione di pacchi viveri ai bisognosi.

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