Verso la Nota del vescovo sulle persone “nuove unione”.

Il Vescovo Oscar ha riunito il Collegio dei Vicari Foranei lunedì 27 novembre, a Tavernerio, prima dell’inizio del Corso residenziale di formazione per il clero. All’ordine del giorno le risonanze, provenienti dal clero dei vicariati, sulla Nota del Vescovo concernente l’attuazione del cap. VIII dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia. Si tratta, come è noto, della disciplina da adottare nei confronti delle persone in «nuova unione» coniugale, che hanno visto fallire il loro precedente matrimonio sacramentale. La stesura della Nota è tuttora in corso d’opera, da parte del Vescovo attraverso l’Ufficio diocesano di pastorale della famiglia. Grazie anche al contributo di riflessione e di critica pervenuto dai sacerdoti dei diversi vicariati, la Nota sarà consegnata ufficialmente, nella sua veste definitiva, nel corso dell’incontro di aggiornamento del clero in programma il prossimo 30 gennaio.

Sono due i punti salienti emersi da un primo esame delle osservazioni giunte dai vicariati. In primo luogo la necessità di un approfondimento teologico, per mettere a fuoco la disciplina delle «nuove unioni» indicata dal cap. VIII di Amoris laetitia (e che la Nota cerca di concretizzare) nella sua novità ma anche nella sua continuità rispetto alla disciplina precedente (quella, s’intende, che fa riferimento al n. 84 dell’Esortazione apostolica Familiaris consortio). Sono infatti chiamati in causa nodi importanti della teologia cattolica sul matrimonio («unico, indissolubile e sacramentale»), sull’eucaristia («premio per i giusti» e «medicina per i deboli») e sulla penitenza («non si assolve senza pentimento e conversione»). In particolare occorre approfondire i temi classici della teologia morale fondamentale e sessuale (soprattutto la dottrina sull’«atto morale»), per mostrare come il cap. VIII di Amoris laetitia non si pone in frattura/discontinuità con il magistero precedente, e in particolare con l’enciclica Veritatis splendor di san Giovanni Paolo. L’aggiornamento previsto per il prossimo 30 gennaio sarà appunto l’occasione per andare a fondo con più precisione su questi nodi problematici.

Più in generale, però, è emersa l’esigenza di non soffermare l’attenzione unicamente sul cap. VIII, ma di partire dall’impianto complessivo di Amoris laetitia, alla luce del quale (e non viceversa) occorre intendere le indicazioni del cap. VIII. A tal proposito, in particolare, si è riproposta la necessità di non fraintendere la prospettiva della misericordia (quasi che essa fosse in alternativa dialettica alle esigenze della verità e della giustizia), che è alla base della pastorale ecclesiale di «discernimento, accompagnamento, integrazione» voluta dall’Esortazione.

Notazione importante, che sarà accolte nella nuova stesura della Nota, è stata anche quella di mantenere alla Nota del Vescovo il carattere di documento magisteriale e disciplinare, come tale non direttamente impegnato nel merito di discussioni teologiche a volte molto complesse, altre volte ancora piuttosto acerbe. E’ bene che questi approfondimenti teologici, come detto, siano demandati a momenti specifici di formazione e aggiornamento del clero.

Il secondo punto emerso dalle relazioni scritte dei Vicari Foranei è invece di carattere pastorale, e concerne la giusta coordinazione fra il discernimento «in foro interno» delle situazioni di «nuova unione» (per «foro interno» si intende, in pratica, l’accostarsi di queste persone a un confessore) e la dimensione ecclesiale e comunitaria del loro cammino penitenziale. E’ assolutamente chiaro che la via indicata dal Santo Padre, per le situazioni di «nuova unione», è quella del confessionale, nell’esame della coscienza del penitente, e valorizzando la possibilità di rinviare l’assoluzione al compimento di un itinerario penitenziale (da definire). D’altra parte, però, è la stessa Esortazione apostolica a richiedere esplicitamente la dimensione ecclesiale e comunitaria di tale cammino (cfr. nn. 3, 242-243, 312), anche per venire incontro alla difficoltà pratica dei confessori di gestire da soli discernimenti alquanto complessi. L’Ufficio diocesano di pastorale della famiglia sta ora definendo l’articolazione concreta dell’itinerario penitenziale. Andrà precisato in particolare il ruolo e le funzioni di un Servizio diocesano per la pastorale delle «nuove unioni», naturalmente non nella prospettiva di sostituirsi al discernimento «in foro interno» da parte dei confessori, ma nella prospettiva di offrire un supporto a quei sacerdoti e quelle comunità che si trovassero in difficoltà ad attuare concretamente le indicazioni del Vescovo (è stato in proposito evocata la prospettiva del «principio di sussidiarietà»).

Dai contributi dei vicariati sono emerse anche alcune preoccupazioni di fondo per una prassi disciplinare che, se attuata in modo difforme da diocesi a diocesi, potrebbe generare confusione e disorientamento nel popolo di Dio. Anzi, alcuni contributi hanno sollevato il dubbio sull’opportunità stessa di una presa di posizione pubblica del Vescovo – mediante la Nota – su un tema che si presta facilmente ad essere frainteso, sui mezzi di comunicazione come nella coscienza dei fedeli. Per cui, secondo alcuni, potrebbe essere forse più opportuna una nota non pubblica, ma “riservata” per i sacerdoti confessori.  D’altra parte, però, è risultata decisamente prevalente la preoccupazione opposta: ossia il rischio di lasciare (ancora) tutto in mano alla discrezionalità del singolo confessore, col pericolo conseguente, in assenza di indicazioni comuni e condivise, di favorire particolarismi pastorali.

 

 

Assemblea dei Vicari foranei – Tavernerio, 27 novembre 2017

AMORIS LAETITIA. CONTRIBUTI DAI VICARIATI

Prima lettura

I punti salienti emersi da un primo esame del materiale pervenuto dai vicariati sono i seguenti.

ð  Anzitutto dalla lettura dei contributi traspare la necessità di un approfondimento teologico

Ø  della teologia sacramentaria su matrimonio («il matrimonio è ancora unico, indissolubile e sacramentale?»), eucaristia («premio dei giusti o medicina dei deboli?»), penitenza («si assolve senza pentimento e conversione?»);

Ø  della teologia morale («frattura/discontinuità con il magistero precedente, in particolare con la Veritatis splendor di san Giovanni Paolo II?»);

Ø  del punto nodale (teologico e pastorale) della questione, ossia la verifica della irreversibilità dello stato di vita di “nuova unione”;

Ø  dell’idea di misericordia (ancora vista in alternativa dialettica alla verità e alla giustizia);

Ø  ma soprattutto dell’impianto complessivo di Amoris laetitia: è alla sua luce che occorre leggere il cap. VIII (non viceversa)

ð  Per questo la chiarificazione e l’approfondimento teologico devono restare distinti dal documento del Vescovo – che è documento di carattere magisteriale e disciplinare, e non deve impegnarsi in discussioni teologiche a volte molto complesse, altre volte ancora piuttosto acerbe –, e affidati a momenti specifici di formazione e aggiornamento del clero.

ð  Sono emersi alcuni dubbi e perplessità a proposito

Ø  del carattere interlocutorio del cap. VIII di Amoris laetitia, che rinvia a un’opera di discernimento del quale non viene data una criteriologia precisa (com’era per es. in Familiaris consortio 84). Eravamo abituati a ricevere dal magistero pontificio interventi chiarificatori e definitori;

Ø  del rischio, conseguente, di difformità nell’attuazione da diocesi a diocesi;

Ø  dell’opportunità di un presa di posizione pubblica da parte del Vescovo diocesano. C’è il rischio che l’ufficialità amplifichi dubbi e confusioni, forse potrebbe essere più opportuna una nota riservata per i sacerdoti confessori.

D’altra parte, però, c’è il rischio di lasciare (ancora) tutto in mano all’«artigianato locale», col rischio di particolarismi pastorali lasciati alla discrezione del parroco

ð  E’ emersa una certa tensione fra discernimento “in foro interno” (il confessore) e dimensione comunitaria.

Ø  La via indicata dal Santo Padre è certamente quella del discernimento “in foro interno” delle diverse situazioni irregolari, per cui secondo alcuni occorre non snaturare tale confronto “in foro interno” introducendo elementi di carattere pubblico e comunitario che risultano estranei a questa tradizione. L’itinerario penitenziale dovrebbe avvenire all’interno del sacramento, nell’esame della coscienza del penitente, valorizzando la possibilità del rinvio dell’assoluzione ad un momento successivo.

Ø  D’altra parte però si sottolinea la positività della dimensione ecclesiale comunitaria: sia perché è un elemento tipico degli altri percorsi di fede e di (ri)evangelizzazione – come l’iniziazione cristiana e la preparazione al matrimonio –, sia perché corrisponde all’ecclesiologia di comunione, sia per venire incontro alla difficoltà pratica dei confessori di gestire da soli discernimenti tanto complessi.

Ø  In ogni caso l’itinerario prospettato di accompagnamento pastorale appare eccessivamente lungo, a volte complesso e farraginoso, specie valutando il volto concreto e le risorse delle nostre comunità cristiane.

ð  Altre osservazioni più di dettaglio:

Ø  coerenza riguardo all’interlocutore della Nota: ci si rivolge alle coppie in nuova unione? Ai pastori responsabili del discernimento? Alle comunità cristiane? Alle famiglie?

Ø  occorrono indicazioni più concrete e dettagliate in particolare per valutare la tenuta/irreversibilità della nuova unione

Ø  mettere maggiormente in risalto la rimozione delle esclusioni dagli incarichi pastorali e ministeriali, che gravano attualmente sulle persone in nuova unione coniugale. Potrebbe essere il primo passo per arrivare poi, più gradualmente, alla riammissione ai sacramenti

 

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