Il discernimento pastorale

Il secondo appuntamento di aggiornamento teologico sul tema del discernimento pastorale, rivolto al clero diocesano, ha potuto godere della relazione tenuta da don Paolo Carrara, presbitero della diocesi di Bergamo e docente di Teologia pastorale presso la facoltà teologica di Milano. La sua esposizione è partita dall’analisi di alcuni nodi inerenti il discernimento pastorale, letti alla luce di movimenti che riguardano e caratterizzano la Chiesa di oggi. In allegato potete scaricare il testo integrale dell’intervento di don Carrara.

Il nodo fondamentale e facilmente riconoscibile da quelli è quella condizione di fatica che si sperimenta a livello pastorale a causa di alcuni automatismi, tipici di una situazione sociologica di cristianità che si sono arrugginiti e che non sono più scontati dal punto di vista numerico né dei risultati né della partecipazione. Panorama che appare ormai condiviso. Esempi avanzati del relatore hanno fatto percepire la grandezza di un fenomeno in stato di notevole avanzamento: basti pensare al mondo dei giovani, per i quali l’opzione di fede prima era un fatto piuttosto automatico e naturale, mentre oggi risulta soltanto una possibilità tra le altre e certamente non la più scontata. Cambiando le condizioni del credere e di fronte a tale sua frammentazione, la sinodalità viene indicata quale strada del discernimento, via per rilanciare la missione attraverso una comprensione più adeguata della Chiesa. Quest’ultima non può sottrarsi dal riferirsi all’esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco, in cui la questione fondamentale dell’evangelizzazione è mostrata quale percorso di riforma della Chiesa. Tale riforma incontra il suo radicamento spirituale nella gioia del Vangelo che riempie il cuore della vita intera di coloro i quali si incontrano con Gesù, di coloro che si lasciano salvare e si sentono liberati dal peccato e dalla tristezza del vuoto interiore. Se la radice della riforma è chiamata ad essere quella della gioia, l’identità della Chiesa appare essere quella della fraternità, che rifugge da pericoli quali l’individualismo, la tentazione dello sfruttamento, la logica dell’indifferenza e dello scarto.

In positivo, il rinnovamento delle azioni pastorali è chiamato a superare la tentazione pelagiana e quella gnostica; esse portano ad avere fiducia nelle strutture e nelle pianificazioni perfette con uno stile di controllo, di durezza e normatività, che conducono a confidare nel ragionamento logico e chiaro perdendo, di conseguenza, la tenerezza della carne del fratello.

In quest’ottica la Chiesa indicata da papa Francesco è interpellata ad abbandonare una pastorale di conservazione per accogliere un modello di pastorale missionaria, il cui soggetto non può che essere il popolo di Dio. E tale modello richiama il primato della Grazia. Si tratta di una Chiesa radunata dalla libertà e dalla gratuita iniziativa di Dio che decide di incarnarsi in culture e popoli ben precisi (processo di inculturazione). Conseguenza diretta di tale modello di Chiesa è una pastorale kerygmatica, al cui centro si trova il primo annuncio, da comprendere non tanto in senso cronologico, bensì come stile di evangelizzazione che trova occasione propizia nei passaggi principali della vita trasformandoli in soglie di senso. La dimensione sociale dell’evangelizzazione, al cui centro vi è lo stare con il povero, diventa esperienza fortemente identificativa per una Chiesa in stato di missione, che non solo fa qualcosa, ma anzitutto riceve. La vita dell’accompagnamento diventa, in questo modo, la concretizzazione del riconoscimento che la vita di ogni persona è già abitata da Dio e, per questo, degna di essere curata e, nel bisogno, integrata con nuove prospettive. Il discernimento pastorale che ne deriva è quello per cui il confronto con la realtà non è soltanto il momento applicativo finale in cui tutto è già elaborato e di fatto chiede soltanto di comprenderne le modalità fattuali. Tale discernimento, infatti, non è riconducibile al solo campo di applicazione delle logiche pastorali. E’ l’esistenza effettiva delle comunità e delle persone che si mostra essere, anzitutto, luogo rivelativo: occasione principale di evangelizzazione attraverso la lettura dei cosiddetti “segni dei tempi”.

Emerge la questione del metodo per il discernimento che Papa Francesco, con differenti ma congruenti formulazioni, presenta sia in Evangelii Gaudium, sia Amoris Laetitia, oltre che nell’Instrumentum laboris relativo al Sinodo dei giovani attualmente in corso. Il primo passaggio è contrassegnato dal verbo riconoscere, che indica non un semplice vedere o ascoltare, bensì una comprensione della realtà capace di vedere con il cuore, attraverso le viscere della misericordia, partecipando allo sguardo di Dio sulla realtà. Il secondo momento, quello dell’interpretare, sancisce l’importanza di un quadro di riferimento con cui confrontarsi: criteri biblici, antropologici, teologici, ecclesiologici, pedagogici e spirituali diventano termini di comparazione e di lettura sapienziale della realtà. Il terzo momento, tipicizzato dall’azione dello scegliere, contempla il prendere decisioni alla luce dei due passaggi precedenti: esso risulta delicato in quanto diventa degno di rilievo portare a compimento il cammino attraverso scelte condivise che aiutino e sostengano tale percorso di conversione pastorale e missionaria.

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