Alla ricerca di una felicità vera anche nella fede

“Il desiderio che cura”: così era intitolato l’incontro pubblico con Massimo Recalcati svoltosi la sera del 15 febbraio a Sondrio presso la sala polifunzionale Don Vittorio Chiari. Una sala affollata, posti esauriti quasi un’ora prima dell’incontro, tantissime persone rimaste fuori, tutti desiderosi di incontrare uno dei più noti psicoanalisti italiani. Recalcati si trovava a Sondrio per inaugurare la XXVII sede di Jonas Onlus, associazione da lui fondata nel 2003, un centro clinico che si occupa di cura prevenzione e ricerca scientifica sui nuovi sintomi del disagio contemporaneo. Come lui stesso tiene a precisare questi centri hanno una missione sociale: non escludere nessuno, abbattere i costi delle sedute psicoanalitiche e renderle accessibili a chiunque ne abbia bisogno perché, citando Lacan, “la psicoanalisi è un’opportunità per ripartire”.

Il nome Ionas prende spunto dal profeta biblico Giovan e dalla sua storia. Giona volta le spalle a Dio, alla chiamata di Dio, perché gli sembra che il compito che Lui gli ha affidato sia impossibile da realizzare, allora funge da questa chiamata incamminandosi sulla strada della morte. Dio però gli concede una seconda opportunità e gli riconsente di ripartire. Tale ripartenza è, per Recalcati, il cuore della cura psicoanalitica: offrire ad una persona attraverso l’incontro con lo specialista un secondo incontro, quello con il proprio desiderio, ciò che Freud definisce  “voce della ragione”, ciò che i cristiani chiamano “vocazione”, ciò per cui siamo veramente fatti.

“Quando c’è sofferenza fisica, il denominatore comune è aver interrotto il rapporto con il nostro desiderio. La vita si incaglia quando si separa dal suo vero desiderio, quando viviamo per soddisfare il desiderio degli altri a causa della paura di non risultare amabili o per evitare conflitti”. Per questo lo psicoanalista deve agire su due fronti. Innanzitutto liberare il soggetto dalla schiavitù del desiderio degli altri, “Non c’è incubo peggiore che ritrovarsi prigioniero del sogno di un altro” diceva Gilles Deleuze. In seconda battuta incarnare la possibilità stessa del desiderio. “Il bravo maestro non trasmette solo il sapere ma accende il desiderio di sapere nell’allievo mostrandosi animato lui stesso dal desiderio. La forza del maestro non è il sapere ma la testimonianza del desiderio di sapere. Se il desiderio si può incontrare, si può anche vivere”. Ma che caratteristiche ha questo desiderio? E’ indistruttibile, non tace, riemerge nei sogni o sotto forma di sintomi (malesseri fisici) che altro non sono che campanelli d’allarme per averlo tradito. Quando una vita al contrario è animata dal desiderio produce miracoli, gioia, apertura, potenza generativa. La cura consiste quindi nel riaccendere il desiderio del soggetto che si era fermato, arenato. E’ lo stesso Recalcati a sgombrare il campo da possibili malintesi: l’insistere sull’importanza di seguire il proprio desiderio non vuole essere una deriva iperedonistica, non incoraggia a soddisfare un capriccio o una voglia del momento, il contrario, vuole introdurre alla categoria della responsabilità etica: cosa ho fatto del mio talento, dell’albero che io sono? “Il fruttificare ha una ricaduta sociale – sostiene Recalcati -. Le vite animate dal desiderio rompono la nicchia individualistica. Siamo cresciuti con la convinzione che il desiderio sia l’opposto del dovere, ma se il desiderio fosse la forma più alta del mio dovere?” Seguire il proprio desiderio per Recalcati è un egoismo positivo, le persone che realizzano ciò per cui sono fatte sono persone capaci di generosità e donazione. Il vero egoismo è imporre ad un altro il proprio desiderio, la propria misura della felicità.

All’uscita dell’incontro restano aperte molte domande: cosa possono offrire le sue riflessioni alla Chiesa d’oggi? Quello che lui racconta può essere un contributo anche per i cristiani o solo per chi non crede? Quando presenta la figura dell’analista come testimone di una pienezza di vita così contagiosa da rimettere in moto la vita di un altro, non richiama il metodo cristiano di trasmissione della fede, quasi per contagio, che riaccende il vivere? Spesso ci si interroga su cosa fare nelle nostre comunità per non perdere i giovani. Recalcati da laico forse ci ricorda che il punto decisivo è che ci sia un fascino evidente da seguire, una vita più vita. Come? Con testimoni che vivono fino in fondo la bellezza che il cristianesimo genera nella loro vita; oppure non ci sono discorsi o impalcature che alla lunga tengano. Quando Recalcati sostiene che non c’è gioia se non nella fedeltà al proprio desiderio, evocando proprio il termine cristiano “vocazione”, come non riscoprirsi desiderosi di rilanciarsi nella propria quotidianità alla ricerca di quei tratti che passo dopo passo ci svelano il senso del nostro essere in vita?

Maddalena Di Gennaro e Padrizia Lodigiani per Il Settimanale (28 febbraio 2019).

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