SABATO DELLA SETTIMANA SANTA

PAROLA DI DIO
Dal libro dei Salmi (Sal 15,8-10)
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.
Di questo gioisce il mio cuore,
esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,
né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.

PREGHIERA
Maria, donna del Sabato Santo;
Tu nel sabato del silenzio di Dio sei e rimani la “Virgo Fidelis”.
Tu ci insegni a credere anche nelle notti della fede, a celebrare
la gloria dell’Altissimo nell’esperienza dell’abbandono,
a proclamare il primato di Dio e ad amarlo nei suoi silenzi
e nelle apparenti sconfitte.
Intercedi per noi, o madre, affinché viviamo nel tempo
con la speranza dell’eternità, con la certezza che il disegno di Dio
sul mondo si compirà a suo tempo e noi potremo contemplare
con gioia la gloria del Risorto, gloria che già è presente,
pur se in maniera velata, nel mistero della storia.
Amen.

PENSIERO
Il Giovedì Santo di quest’anno mi trovavo sui Monti Nuba, una regione
del Sudan Centrale dove come Missionarie Comboniane siamo presenti
con una comunità. Da tanto tempo avevo promesso a Soraya, una signora del posto, di andare a salutare la sua famiglia, e per una ragione o per
l’altra l’appuntamento era sempre stato rimandato. Finalmente il giorno
in questione potevamo avviarci verso Kerker, il suo villaggio.
Alle due del pomeriggio, con un sole che spaccava le pietre delle rocciose Montagne Nuba, ci incontrammo al cancello della nostra casa. Vidi
che Soraya andava verso la pompa a mano per tornare subito dopo con
un fustino di plastica sulla testa, naturalmente riempito di acqua fino
all’orlo. Alle mie domande in proposito, rispose che tutti i giorni tornava
a casa con un fustino di acqua potabile dal momento che il pozzo vicino
al suo villaggio si era disseccato. Camminammo per un’ora, la maggior
parte del tempo in salita. Ci fermammo solo una volta alla scarsa ombra
di un baobab senza foglie, con il sudore che colava dalla faccia di Soraya
che portava 15 litri sulla testa. Nonostante la sua poco confortevole situazione, chiacchierammo del più e del meno fino alla sommità di una
bassa catena montuosa oltre la quale si trova Kerker. Una volta lassù potevamo godere di un panorama incantevole. Per un attimo dimenticai
l’acqua di Soraya, mentre la poesia del momento prendeva il sopravvento.
Soraya, molto pratica, mi chiamò all’interno della casa a bere una ciotola
di acqua mantenuta fresca in un’anfora di terracotta. Effettivamente le
dissi che mi dispiaceva bere quell’acqua sapendo che era stata portata
lassù dal fondovalle. Lei si fece una risata e io naturalmente bevvi quello
che veniva offerto.
Mentre scendevo rapidamente dalla montagna, avevo ancora davanti
l’immagine di Soraya che saliva tranquillamente con il suo carico e pensai alla teologia della liberazione.
Non mi venne in mente nessuna elaborata riflessione, ma solo la necessità che questa liberazione deve incarnarsi nella vita delle tante Soraya
dei Monti Nuba e altrove.
Suor Elena Balatti, missionaria Comboniana. Anno 2007

condividi su