Valle di Colorina, 27 settembre 2025

Apertura “Anno Folciano”

L'omelia del Vescovo

Siamo oggi riuniti per fare memoria dei cento anni dall’inaugurazione del tempio in cui ci troviamo (era il 27 settembre 1925), un luogo di preghiera, scaturito dalla indomita creatività e dal coraggioso intuito di don Giovanni Folci, che rimane una perla preziosa del nostro presbiterio e un padre per quanti hanno seguito fino ad oggi le sue orme, condividendo il suo carisma di custodia dei preti “dall’alba al tramonto”.

Don Giovanni Folici ha fortemente voluto edificare questo tempio, superando ogni difficoltà, forse anche sfidando lo sconcerto di alcuni, che si domandavano che cosa potesse significare questo edificio e soprattutto dove trovare i mezzi economici per poterlo edificare.

Solo gli uomini di Dio sanno affrontare ogni ostacolo, confidando più nella Provvidenza di Dio che nel buon senso umano, così restio e perplesso quando si tratta di affrontare qualcosa di nuovo, che può comportare un ulteriore dispendio di fatiche e di difficoltà.

Così questo paese di Valle Colorina, luogo in cui ha preso corpo il carisma di don Folci, che nell’anno 1926 ha dato inizio all’Opera Divin Prigioniero, vide poi crescere progressivamente questo edificio, elevato nel 1941 a santuario eucaristico, una scelta coraggiosa, una vera e propria sfida.

Nel cuore della Valtellina, questo tempio può essere ripresentato anche oggi quale punto di attrazione per chiedere al Signore il dono della pace, di cui oggi il mondo ha tanto bisogno, quale luogo di preghiera per affidare alla misericordia di Dio i caduti di tutte le guerre, ossia dei milioni di persone la cui vita si è spezzata nel fiore dell’età, generando tanta sofferenza e fiumi di lacrime in tante famiglie.

Qui si realizzano in pieno le parole udite nel salmo responsoriale: “Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: Su di te sia pace. Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene”. Questo è pure un luogo in cui ogni credente si abbandona con speranza in Dio, poiché. Egli, come afferma la lettura del brano dell’Apocalisse, “asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”.

Alla luce di questo anniversario, auspico vivamente che esso non rimanga solo di un semplice ricordo del passato, ma diventi una occasione favorevole per favorire le condizioni perché oggi questo luogo santo si conosciuto e frequentato quale punto di riferimento per l’adorazione eucaristica, una vera urgenza da ripristinare con assiduità e costante frequenza.

Vorrei tanto auspicare che questo tempio possa offrire proposte significative nei tempi e nelle diverse circostanze opportune, così che sia frequentato non solo dagli abitanti di questo paese, ma anche da quelli vicini, così pure, se conosciuto, possa diventare meta di pellegrinaggio, in cui uomini e donne riconoscono l’urgenza di trovare una sosta per adorare, in modo personale e comunitario, il Signore Gesù, e riconoscerlo presente e vivo nella adorazione eucaristica.

Dentro un mondo così frenetico come il nostro, dove tutti sono impegnati in tante opere, anche buone, in tante attività ma non tutte urgenti e indispensabili, proporre una sosta di adorazione eucaristica può sembrare una scelta inopportuna. Occorre invece avere il coraggio di osare questo genere di sfida, dal momento che tanti cristiani, giovani compresi, avvertono il bisogno di sostare, di riflettere, di pregare a lungo davanti alla Eucaristia, nel silenzio e nella pace del cuore.

Ricordo con viva commozione e con tanto stupore il silenzio di adorazione di migliaia di giovani, riuniti con papa Leone durante la veglia notturna nel Giubileo dei Giovani l’estate scorsa a Roma e il commento favorevole di tanti, che hanno riconosciuto la bontà della adorazione eucaristica, in cui essi hanno sostato, lasciando spazio e iniziativa al Signore, che parla sempre al cuore di ciascuno.

Si tratta di riconoscere il Signore che viene tra noi, così come un giorno il pubblicano Zaccheo lo ha accolto pieno di gioia nella sua casa e da lì avvenne un radicale capovolgimento della sua vita.

Una rivitalizzazione di questo santuario può essere un obiettivo assai fecondo, ricco di grazie e di nuove intuizioni, una meta a cui tendere durante questo anno “Folciano”, da cui può venire tanto bene per tutti, a partire dai sacerdoti e dalle suore che hanno seguito da vicino le orme di don Folci e da quanti sono stati da essi beneficiati.

Oscar card. Cantoni

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