Davanti a una situazione così drammatica e crudele, quale è l’attuale condizione di Gaza e dei suoi abitanti, non ci è lecito tacere o voltarci passivamente dall’altra parte, come se tutto ciò non ci riguardasse. Né, d’altra parte, possiamo ignorare i tantissimi conflitti che ancora insanguinano il nostro pianeta, a partire dall’Ucraina.
Ci lasciamo piuttosto scuotere da questi avvenimenti così drammatici in nome della nostra stessa comune umanità, ma anche e soprattutto in nome della fede in Dio, che ci ha resi non solo suoi figli, ma anche fratelli e sorelle tra di noi, quindi solidali compagni di viaggio, responsabili gli uni degli altri. Come artigiani di pace, Ci inchiniamo davanti al Dio della vita, che accorre sempre in difesa dei suoi figli.
La fede in Dio ci aiuta a leggere e a interpretare la nostra vita, giudica le nostre relazioni, ci rimprovera la nostra passività e ci stimola nel promuovere e nel realizzare la giustizia, che è la premessa per la vera pace.
La preghiera, da parte sua, ci aiuta a non chiudere gli occhi sulle nostre sorelle e sui nostri fratelli nel dolore, si fa concreta e perfino ruvida, si fa grido di dolore, “un grido di lamento”, dal profondo.
Nessuno questa sera ha da offrire facili ricette umane. Solo ci siamo lasciati ammaestrare e smuovere dalla Parola di Dio, che ci ha parlato senza mezzi termini, ci ha proposto le vie della conversione, le condizioni per realizzare una vera pace e per promuovere la giustizia, a partire dall’intimo di noi stessi, per poi raggiungere gli altri.
È stata una serata di preghiera intensa e profonda, espressione di una fede concreta e responsabile, vissuta in stretta solidarietà con i nostri fratelli che soffrono nella terra di Gesù.
Insieme piangiamo per la situazione disperata di Gaza, la cui popolazione è sconquassata dalle bombe e accerchiata con i morsi della fame. In questa serata abbiamo lasciato emergere con tutta evidenza la nostra inefficacia nel proporre soluzioni di pace, la nostra impotenza davanti a tanta efferatezza, una occasione in cui, con molta umiltà, non ci vergogniamo di chiedere aiuto al Dio della pace e della vita.
La preghiera è un gesto di grande umiltà, ma nello stesso tempo, noi sappiamo che è un’arma potente ed efficace presso Dio.
Anche Dio piange con noi, ma Egli non si lascia sconfiggere dalle iniquità dei suoi figli, né rimane insensibile ai loro fallimenti.
Si, Dio piange davanti agli episodi di violenza che ci vengono descritti, come di fronte all’angoscia delle madri e dei padri che hanno perso i loro bambini.
Conosce anche il nostro anelito nel far trionfare la speranza, là dove molti l’hanno perduta, il desiderio di trovare vie di riconciliazione, senza rispondere al male col male.
Facciamo nostro l’invito della Chiesa italiana che auspica che “sia rispettata la dignità delle persone, sia permesso l’ingresso di aiuti senza restrizioni, siano aperti corridoi umanitari, e soprattutto, si attivi la Comunità internazionale per porre fine alle ostilità”
Voglio ricordare con ammirazione la piccola comunità cristiana di Gaza, che il defunto papa Francesco contattava ogni sera, anche dall’ospedale in cui era ricoverato. Nonostante le esigue risorse e grandi rischi, resta ancorata al territorio: non si ritira in disparte, ma condivide con la stabile presenza la tutela dei piccoli e dei poveri, non solo dei cristiani, ma anche dei fratelli mussulmani.
Mi confidava il card. Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, nei giorni del pre-conclave, la bellezza e la preziosità di questa parrocchia, la sua splendida testimonianza è immagine e segno di una Chiesa viva, fragile e debole, ma vicina alla gente e testimone della speranza cristiana.
Anche dentro il buio, Dio apre spiragli di luce!
Oscar card. Cantoni