S. Messa nella Notte di Natale

“Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi è nato per voi un Salvatore”. Sono le parole dell’angelo ai pastori accorsi alla grotta di Betlemme che annunciano la nascita del Salvatore. Esse risuonano vive anche per noi, in questa notte santa, come in tutte le chiese del mondo.    E noi, di nuovo, accogliamo con gioia, stupore e gratitudine la notizia di questo avvenimento che ha cambiato il mondo e ce ne rallegriamo. La notizia di un Dio vicino all’uomo non cessa mai di meravigliarci, come pure ci commuove la certezza di un Dio che ci precede nella ricerca e si mette sulle nostre tracce, mentre ci consola l’immagine di un Dio che osa compromettersi con la storia degli uomini, fino a condividere la nostra storia, fino a immergersi nella nostra umanità, per rinnovarla e trasformarla dal di dentro. Nessun uomo lo avrebbe potuto immaginare e nemmeno pretendere!

Veramente i cieli si sono squarciati e così si è manifestata la bontà di Dio in un modo ancor più inatteso e stupefacente: non attraverso mezzi spettacolari di potenza, ma nella debolezza di un bambino, per indicarci che Dio non si impone mai: Egli si offre al nostro sguardo senza farci paura e aspetta che noi, nella piena libertà, lo accogliamo. Questo Dio che si mette sulle tracce dell’uomo ed è il Salvatore, ha un nome, un volto, una storia: si chiama Gesù Cristo, l’Uomo-Dio, figlio della vergine Maria; è l’Emmanuele, il Dio con noi, venuto nel mondo per presentarci il volto del Dio trinitario: ecco il vero compito di Gesù sulla terra, ma insieme, ci ha rivelato anche quanto sia prezioso agli occhi e al cuore di Dio Padre ciascuno e ciascuna dei suoi figli: tutti amati da Dio come se fossimo unici, che si prende cura di tutti come se fossimo singoli.

E’ una notizia che ci rallegra e genera gioia nel cuore. La gioia è frutto della commozione davanti a un simile progetto, è figlia dello stupore di essere attesi e desiderati, la gioia emerge dalla luce divina che trabocca nel cuore di ogni uomo che crede. E’ la certezza di essere sorpassati da un amore che ci precede, ci offre la sua vita divina, così che ogni persona, qualunque uomo o donna, creato a immagine stessa di Dio, diventa la sede in cui si rivela e risplende la sua gloria. Se è così, allora la nostra vita prende un orientamento ben preciso: quella di rivelare la gioia di Dio, il padre che ci ama e ci riconosce suoi figli, promuovendo nel suo nome la fraternità tra gli uomini e le donne. La fraternità, infatti, è la sola via della pace e la condizione per sconfiggere ogni povertà.

Finchè non ci si considera fratelli, non ci si può riconoscere e accogliere quali figli di Dio; finchè  non cadono le nostre prevenzioni si generano solo barriere, si costruiscono muri, ci si differenzia e le divisioni moltiplicano i conflitti, crescono la paura, i pregiudizi e il sospetto nei confronti dell’altro perché straniero, perché profugo, perché fondamentalmente diverso da noi. Ma da quando cominciamo a guardare con attenzione negli occhi gli altri, segnati dalle prove della vita, dalle malattie, dalla solitudine, dal vuoto interiore, allora ci  scopriamo della stessa natura, tutti fragili e deboli, ma nello stesso tempo, portatori di una dignità immensa, perché figli e figlie dello stesso Padre, resi tali da Colui che, venendo come salvatore, ci ha salvati dalla tristezza, dalla noia, dalla divisione, dal groviglio dei nostri peccati, che ci abbruttiscono e ci invecchiano.

Allora scattano le leggi della fraternità, da cui proviene la solidarietà e la vicinanza. Allora è pace fatta: ogni povertà è sconfitta perché con l’aiuto fraterno, a ogni necessità c’è soluzione e rimedio. Allora vince la tenerezza, a imitazione del Dio bambino, che con la sua semplicità scioglie le nostre resistenze, annulla le nostre difese, promuove il bene che è in noi e ci aiuta a vedere il tanto bene che esiste anche negli altri, così diversi da noi, eppure bisognosi del nostro sguardo amorevole e delle nostra compassione.

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