Grande è la gioia di tutti noi nel ritrovarci insieme, in questa magnifica cattedrale di Orvieto, per dare inizio al nostro pellegrinaggio giubilare a Roma. Un cordiale benvenuto, quindi, a tutti voi, mentre ringrazio il pastore di questa Chiesa, monsignor Gualtiero Sigismondi, per la sua calorosa accoglienza. Si tratta di un fratello vescovo, a me legato da vincoli di profonda amicizia, per aver collaborato con lui per anni nella visita ai diversi seminari d’Italia.
Non ci capita facilmente di convenire insieme in uno stesso luogo della nostra diocesi a causa delle lunghe distanze che ci separano. Ed è per questo che la gioia di ritrovarci insieme in questi giorni per vivere l’esperienza del Giubileo è ancora più grande.
Già fin d’ora ringrazio quanti hanno organizzato con molta cura questo pellegrinaggio, mentre saluto affettuosamente tutti voi, fratelli e sorelle, amati dal Signore, accompagnati dai vostri sacerdoti, in un numero considerevole. In questi tempi parliamo tanto di sinodalità: ora la stiamo sperimentando, giacché viviamo una avventura spirituale, profondamente umana e fraterna, che ci fa sentire tutti discepoli appassionati del Signore Gesù, ma anche costruttori di una comunione fraterna, responsabili gli uni degli altri, testimoni e messaggeri della speranza cristiana.
Ci siamo messi in cammino non come semplici turisti, ma come dei pellegrini, cioè come persone inquiete, con la sete del cuore, desiderosi di una vita più piena, insieme alla Chiesa universale, davanti alle grandi domande che ci costringono ad osare, grati per la strada aperta da chi ci ha preceduto, ma desiderosi del nuovo che la vita ci sollecita giorno per giorno.
Il nostro pellegrinaggio si propone, quindi, come occasione di conversione, di guarigione dalle ferite dell’io, della redenzione dalla nostra difficoltà di comunicare con gli altri, dal ricupero delle nostre capacità di relazione. È un tempo di grazia quello che ci è offerto, perché è momento di incontro vivo, personale e comunitario, con il Signore Gesù, porta di salvezza. Da Lui abbiamo ricevuto il mandato di annunciare sempre e ovunque a tutti che Egli è la “nostra speranza” (1Tim 1,1).
Il vangelo di oggi ci parla di una “sala al piano superiore già pronta” dove il Signore ha già preparato per i suoi discepoli uno spazio in cui riconoscersi e sentirsi amici. Gesù è consapevole pienamente della Pasqua orami vicina. Mentre i discepoli ancora non capiscono, mentre uno sta per tradirlo e un altro per rinnegarlo, Gesù prepara per tutti una cena di comunione. L’amore non è frutto del caso. Egli ha già deciso di donare la sua vita. Per questo ha preparato uno spazio anche per noi. Egli chiede anche a noi di fare la nostra parte, ci chiede di preparare uno spazio nella nostra vita perché siamo pronti ad accoglierlo quale Egli è: il Signore della nostra vita. La grazia non elimina la nostra libertà, ma la risveglia, non annulla la nostra responsabilità, ma la rende feconda. Ogni gesto di disponibilità, ogni atto gratuito, ogni perdono offerto è un modo attraverso cui prepararci ad accogliere il Signore. Ricolmi di Lui e del suo santo Spirito raccoglieremo il frutto del Giubileo, quello di portare speranza dove la vita è ferita, nei fallimenti che frantumano il cuore, nella solitudine amara di chi si sente confitto, nei tanti luoghi profanati dalla violenza e dalla guerra.
Siamo nella situazione più favorevole che mai per disporci a ricevere Cristo Signore e lasciarci trasformare da Lui in uomini e donne di speranza.
Oscar card. CANTONI