21 ottobre 2023

Celebrazione con i Medici a Duno

L'omelia del vescovo Oscar card. Cantoni

Cari medici, benvenuti nel vostro santuario, un luogo dedicato alla memoria dei vostri colleghi defunti, nel quale vi radunate insieme ogni anno per pregare, per riflettere, per fare memoria, per riprendere coraggio e speranza.

Constatiamo che la classe medica continua ad essere una categoria ancora molto provata, sottoposta a tanto stress, che può frenare il coraggio e la generosità dell’impegno e il desiderio sincero di recare conforto a tante persone che soffrono e hanno bisogno di cure, soprattutto di vicinanza.

È una professione, la vostra, che oltre alla qualità del vostro servizio, richiede un notevole spirito di sacrificio, fino a consumare le vostre migliori energie e a disporre di tanto tempo, molto spesso a discapito anche delle vostre famiglie, che rischiano di non condividere con voi a sufficienza la gioia della vostra presenza, per i pochi vostri tempi liberi.

A questi disagi personali e di categoria si aggiungono nuove difficoltà da parte anche di tanti pazienti, soprattutto certe categorie, quali ad esempio, gli adolescenti, che presentano la crescita di malattie psichiatriche e varie altre patologie, frutto del covid.

Il rapporto medico paziente è diventato sempre più impegnativo, ma perché la cura sia efficace viene richiesta una attenzione particolare, che assicuri la fiducia dei pazienti e faciliti nei medici una possibilità di particolare relazione con essi.

Lo scorso anno abbiamo ricordato, affidandoli alla bontà di Dio, i numerosi vostri colleghi che hanno dato la vita mentre esercitavano la professione nei tempi bui in cui il covid mieteva vittime. Sono 359 i medici in prima linea negli ospedali e negli ambulatori che si sono sacrificati per curare i pazienti. Li abbiamo chiamati per nome per sottolineare che Dio ci ama e ci ricorda individualmente, ciascuno nella propria individualità.

Quest’anno vogliamo mettere in risalto un vostro collega, medico e sacerdote, nativo di Ronago (Como), missionario comboniano in terra d’Uganda, a Kalongo, dove è stato proclamato beato dalla Chiesa cattolica il 20 novembre 2022. In quella terra aveva realizzato un ospedale (“il piccolo ospedale della savana”, come lui stesso lo chiamava, con 370 letti) e una scuola per ostetriche. P. Giuseppe fu “un uomo sociale”, che ha saputo racchiudere in sé e coniugare fede e carità, bontà e competenza, proprio come il suo fondatore, San Daniele Comboni, voleva che fossero i suoi missionari: santi e capaci. Egli ha adottato, invece del noto assioma cartesiano “cogito, ergo sum”, l’africano detto: “Sono in relazione, quindi esisto” proprio perché la forza vitale dipende dalla relazione. Un amico che lo conosceva bene ha rivelato il suo segreto: “non staccava mai la spina dal circuito della grazia”.  P. Ambrosoli ha unito una vita professionale ineccepibile, messa a disposizione in modo eroico, a una semplicità e umiltà straordinarie. Un modello e uno stimolo per medici e operatori assistenziali.

In questo modo p. Giuseppe Ambrosoli ha testimoniato Cristo, realizzando quanto nel vangelo di oggi, il Signore Gesù ha promesso: “chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio”.

Oscar card. Cantoni

 

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