Basilica di S. Abbondio, 21 aprile 2024

Domanda di ammissione ai ministeri ordinati

L'omelia del Vescovo

Cari fratelli e sorelle, Cristo Gesù non è solo ad offrirsi al Padre per la salvezza del mondo. Siamo anche tutti noi, insieme, coinvolti con Lui attraverso questa nostra Eucaristia.

Ci uniamo al dono che anche oggi il Signore compie, noi che per grazia, con il Battesimo, siamo parte della sua famiglia e condividiamo il suo progetto d’amore, secondo la missione e i conseguenti doni che abbiamo ricevuto.

Questa basilica, che conserva i corpi di numerosi vescovi che hanno guidato, lungo il tempo, la nostra Chiesa nel cammino della fede, registra la generosa risposta a un ulteriore dono che altri nuovi figli della nostra Comunità oggi si dispongono ad offrire.

Impegnano la loro esistenza in un servizio ecclesiale molto preciso due giovani sposi e padri di famiglia, Lorenzo, di Cerano Intelvi e Matteo, di Faloppio, che offrono loro stessi per il servizio diaconale nella nostra Chiesa di Como.

Si unisce con gioia alla loro domanda anche Francesco, di Bianzone, seminarista, che chiede di essere anch’egli ammesso tra i candidati al Diaconato e al Presbiterato.

È la risposta coraggiosa e generosa dei figli di Dio, membri di una famiglia che è espressione della Pasqua del Signore, coinvolta con Lui perché gli uomini, liberati dal peccato e dalla morte, abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Penso alla gioia e alla consolazione del nostro Signore e maestro, Gesù Cristo, che di nuovo è preso in parola.  La sua nuova chiamata: “seguimi”, percepita progressivamente da questi nostri tre amici, non è stata vana, è stata presa in parola.

Penso alle loro famiglie, alle parrocchie di origine, alla comunità del nostro seminario, contesti base indispensabili perché i nostri tre candidati potessero percepire la voce del Signore e rispondere adeguatamente, in piena e totale libertà.

Così oggi è festa per tutta la nostra Chiesa di Como, che gioisce per la generosità dei suoi figli nella risposta al Signore che chiama. Essa conferma la fecondità della sua millenaria esistenza per la piena disponibilità dei suoi figli nel seguire Cristo, offrendo alla sua diletta Sposa e nostra comune Madre Chiesa il loro servizio generoso.

Cari amici, il vangelo ci presenta Gesù come il buon Pastore che dà la vita. Essere pastori significa prendersi cura, a partire dalla propria famiglia, fino alle numerose pecore del gregge del Signore, molte delle quali sono disperse in tante occupazioni che allontanano da Dio, incapaci di trovare un senso alla propria vita.

Non è un compito facile vivere da pastori, come diaconi, come sacerdoti, ma anche come genitori o educatori, tanto più oggi, in una società che si preoccupa del puro benessere personale e della sola realizzazione economica dell’esistenza e cerca una felicità a buon mercato.

Essere pastori significa spalancare generosamente le porte del cuore perché tutti possano trovarvi casa, sentirsi accolti e amati, riconosciuti come fratelli di Gesù. La tentazione è quella di preferire alcuni, i migliori e i più fortunati, ad altri, prendersi cura di qualcuno, escludendo chi non è amabile, chi non conta nulla agli occhi del mondo, chi non rende.

Essere pastori significa assumersi delle responsabilità precise e costose, che implicano la scelta deliberata di portare i pesi degli altri, senza attendersi nulla in cambio, di curare le ferite materiali e spirituali di chi si incontra, di incoraggiare gli sconfitti della vita e ridare speranza a chi l’ha perduta. Tutto questo non perché tale modo di agire faccia parte di un programma prefissato, ma solo per puro amore e senza rimpianti, cioè sempre offerto con gioia, con il sorriso sulle labbra.

Cristo, buon Pastore, servo del Padre e dei fratelli, vi conceda di imitare le sue virtù, mentre vivete in una comunione sempre più viva con Lui, guidati dal suo Spirito.

Oscar card. Cantoni

 

 

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