Nel 50esimo anniversario di fondazione della Caritas diocesana

Il cinquantesimo anniversario di fondazione della nostra Caritas diocesana ci permette di fare memoria del cammino di maturazione della nostra Chiesa, che lentamente, proprio attraverso i membri della Caritas, ha preso coscienza della testimonianza centrale e irrinunciabile che la Carità di Dio riveste all’interno di una diocesi, quale segno distintivo dei discepoli di Cristo, in obbedienza a quanto Egli ha affermato: “da questo vi riconosceranno, se avrete amore gli uni gli altri”.

 Il rendimento di grazie che oggi eleviamo al Signore non è quindi riservato ai soli membri della Caritas diocesana, ma è espressione di tutta la nostra Chiesa locale, in ogni suo componente, che prende consapevolezza della chiamata comune alla Carità, appello e responsabilità di tutti i battezzati, nessuno escluso, chiamata alla quale siamo stati più e più volte richiamati, quasi come una “spina nella carne” dai vari membri della nostra Caritas.

Vogliamo così fare memoria e rendere grazie al Signore in particolare di tutte quelle persone (e sono numerose!) che in questi lunghi anni si sono generosamente e pazientemente prodigati per creare questa comune mentalità, per sostenere un clima di dialogo che accoglie, favorisce e promuove la carità di Dio, visibilizzandola nel nostro territorio e rendendola un compito ordinario e comune, a vantaggio di tutti.

Si è trattato per lo più di persone umili e semplici, capaci però di vera mediazione, che per creare questa universale sensibilità sono passati dall’esporre un progetto teorico, accuratamente preparato e condiviso, a proposte di soluzioni concrete di sensibilizzazione, invogliando le comunità parrocchiali, i vicariati e i singoli cristiani a favorire opere precise, che rendessero visibile la particolare sollecitudine di Gesù nei confronti dei poveri di oggi, degli esclusi, degli invisibili, secondo le urgenze dei diversi contesti e dei mutevoli momenti storici, accompagnando le persone con rispetto, tenerezza e misericordia.

È un compito in cui molti cristiani, il più delle volte volontari, si sono sentiti coinvolti in attività caritative attraverso cui sperimentare la bellezza di comuni creazioni. Sono molte le persone, spesso diverse tra loro, e anche con legami molto differenti nei confronti della Comunità cristiana, che si sono sentite coinvolte e appassionate, dentro progetti caritativi che vanno al di là di un semplice impegno autoreferenziale, ma frutto di una risposta univoca, condivisa da tutti.

Abbiamo assistito, in questi anni, a un progressivo cammino di intensa crescita ecclesiale molto responsabile, in particolare promossa o auspicata dai membri della nostra Caritas: laici e laiche, diaconi e sacerdoti, che voglio qui ricordare con molto affetto.

Essi ci hanno insegnato, con semplicità, il metodo dell’ascolto reciproco, della ricerca comune dei problemi e delle soluzioni più adatte ai tempi, in un clima che genera fiducia, stima reciproca, condivisione e quindi creare una fraternità veramente ammirevole.

La Caritas diocesana è divenuta, in questi anni, una realtà sempre più significativa, anche perché ha saputo dialogare positivamente con i vari territori mediante una presenza costante, favorendo il nascere e lo sviluppo delle Caritas parrocchiali e vicariali, promuovendo centri di ascolto, formando tanti volontari.

Ha saputo interagire, mediante i suoi operatori, anche con le varie Istituzioni, come con i diversi responsabili civili, in un clima di dialogo, schietto e sincero, alla ricerca della promozione del bene comune e delle singole persone bisognose di cure e di attenzione.

Ciò che è stato autorevolmente descritto nel libro Sinodale, diffuso ormai da qualche mese nelle parrocchie e nei vicariati, e che ora richiede di essere approfondito e applicato, in vista della prossima visita pastorale ai vicariati, è frutto di riflessioni comuni, maturate, però, attraverso un paziente dialogo, in cui i membri della Caritas diocesana sono stati autorevoli e stimolanti propositori.

Si sono mostrati veri “Tessitori di comunione” per il loro stile di lavoro quotidiano, insegnando a tutti noi, in un clima di vera sinodalità, un metodo che tutti i gruppi ecclesiali possono costruire, per vivere relazioni veramente fraterne, cioè evangeliche.

Vorrei che i diversi membri della Caritas, sia a livello diocesano che zonale o parrocchiale continuassero a suscitare nelle nostre Comunità “una sana inquietudine” perché il nostro cristianesimo non si riduca ad abitudine, ma diventi un costante programma di vita.

Cari amici della Caritas: continuate a stimolarci per un “di più”, perché anche nelle nostre attività assistenziali non ci accontentiamo del puro e semplice dovuto, operando quasi per mettere la coscienza a posto, per poi continuare la nostra strada, come se i poveri, i profughi, i senza dimora, gli scartati dalla società venissero da un altro settore del mondo o non ci riguardassero più.

Insegnateci non solo a soccorrere i poveri, ma a stare con loro, ascoltandoli e diventando loro amici. Sono essi che ci insegnano a vivere il Vangelo e attraverso di essi a riconoscere la presenza viva di Cristo.

La carità non ha orario, si esprime a tutte le ore, in tutte le stagioni, con una creatività che va al di là di ciò che un semplice impiegato statale, retribuito, può offrire.

Nel caso delle emergenze, come in questi giorni in Emilia-Romagna, sono tanti i volontari che lodevolmente sanno impegnarsi e con notevole generosità. La carità cristiana, tuttavia, si differenzia, perché va al di là delle emergenze, si prodiga anche quando si spengono i riflettori e le cronache ricordano altro e cambiano decisamente argomento.

Siamo chiamati per grazia ad evangelizzare la carità di Dio, il suo stile amorevole verso tutti, la sua compassione paterna, in qualunque situazione si trovino i suoi figli e le sue figlie e a tutti spalanca le porte del cuore, perché Dio è amore. Sentiamoci tutti grati per questa chiamata particolare ed onorati per questo servizio che la madre Chiesa affida a ciascuno di noi, nonostante la nostra povertà, che ci accomuna con quanti vogliamo aiutare e ci rende ancor più fratelli e sorelle tra noi.

Oscar card. Cantoni

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