Festa Sacro Cuore di Gesù

La festa di oggi è un omaggio alla persona viva di Gesù, offerto dai suoi amici, membri del popolo di Dio, ma soprattutto dai  sacerdoti e consacrati, che gli dedicano un tempo di gratuità e di festa, di gioia e di grata riconoscenza.. Proprio in questo giorno alcuni religiosi guanelliani rinnoveranno i loro voti, segno della loro incondizionata dedizione a Dio che li ha scelti e chiamati.

E’ una occasione, quindi, per esprimere al  Signore Gesù la nostra intima amicizia e così dichiarare a tutti quale sia il centro  della proposta cristiana, ossia la nostra relazione profonda, personale e comunitaria, con il Signore Gesù, risorto e vivente tra noi.

Come sono indispensabili nella vita le relazioni di amicizia! Esse determinano una esistenza, la orientano in un certo modo, anche tra sacerdoti e persone consacrate. Sono solito affermare (ma vale anche per le famiglie!) che un prete senza amici  è fondamentalmente un prete in pericolo, perché privi di relazioni vere si perde l’orientamento della vita e mancano appoggi indispensabili di riferimento.

La vita comunitaria dovrebbe essere una occasione privilegiata per vivere relazioni sane, libere e adulte, nel rispetto della originalità di ciascuno, ma anche nel sostegno reciproco, compresa la correzione fraterna.

Gesù non ha scelto come suoi amici uomini e donne senza imperfezioni, preferendoli agli altri. Tutti i discepoli del Signore sperimentano quotidianamente povertà e debolezze, conseguenza di una comune umanità fragile.

Gesù ha chiamato alla sua sequela,  come suoi collaboratori, persone umili, che nella stretta amicizia con lui, accettano di definirsi “peccatori perdonati”, perciò confidano nel suo amore, si lasciano amorevolmente coinvolgere in un progetto comune e si affidano con libertà alla sua volontà, disposti ogni giorno ad accogliere il suo perdono e quindi a ricominciare.

In questo modo, sono in grado di comprendere gli altri, di accettarli nella loro fragilità, di accoglierli nella loro povertà spirituale e materiale, proprio perché anch’essi sono deboli e fragili, ma non per questo meno amati dal Signore.

Il senso della parola di Dio annunciata questa sera manifesta la premura di Gesù, unita a tenerezza, proprio nei confronti dell’uomo debole e peccatore, la sua amorevole sollecitudine nella ricerca di lui. Si direbbe che Gesù sappia trasformare ogni situazione umana, anche la più dolorosa, in una felice opportunità che gli permette di andare incontro ai suoi fratelli, di raggiungerli nella loro situazione personale, rivelandosi per ciascuno come il Salvatore che libera, che guarisce, che perdona, che rimette in cammino, che riconcilia con Dio Padre.

A immagine di Gesù, buon pastore, che va in cerca delle pecore perdute, è bello definire la Chiesa, come spesso la presenta Papa Francesco, ossia come un “ospedale da campo”, in cui c’è spazio per tutti e nessuno può dirsi “straniero”, in cui i cristiani, a partire dai pastori, si spendono a servizio degli altri, specie dei più bisognosi, con quella delicatezza che avvicina e fa sentire la Chiesa non come una istituzione fredda e anonima, fondata sul rigore e su schemi predeterminati, ma come una casa accogliente.

Proprio il cuore mite e compassionevole di Gesù, ferito dai nostri peccati e tuttavia sempre in cerca dei deboli, che sostiene e incoraggia i feriti della vita, è l’esempio che ci permette di essere anche noi, dentro questa casa comune che è la Chiesa, uomini e donne di compassione, promotori di giustizia e testimoni lieti della sua pace.

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