Funerale don Attilio Bianchi

Celebriamo questa santa liturgia in comunione con tante persone che avrebbero voluto essere presenti, ma che ci seguono solo per via streaming. Insieme ad esse, vogliamo lodare e ringraziare il Signore, che ci ha radunato per fare memoria della sua Pasqua, nel passaggio dalla morte alla vita del nostro fratello don Attilio, che oggi affidiamo alla misericordia di Dio.

Egli ha esercitato con zelo il ministero sacerdotale nella parrocchia di Chiuro per ben 35 anni, mentre a Castionetto fu amministratore parrocchiale dal 2011, dopo aver vissuto i primi anni di sacerdozio presso la parrocchia del Rosario a Sondrio e successivamente a Faedo, per dieci anni.

In queste ultime settimane don Attilio si è trovato a condividere in prima persona, con la degenza in ospedale, le sofferenze di molte famiglie e di tanti fratelli e sorelle, ancora provati in questo drammatico momento storico, segnato dalla pandemia.

Ancora numerose permangono in questo paese le persone affette dal corona virus e noi vogliamo affidare al Signore tutti coloro che in questi giorni sono coinvolti in questa difficile situazione, con le loro famiglie.

Il popolo di Dio ha bisogno di una vicinanza affettiva da parte dei suoi pastori, che lo rassicuri e infonda motivi di consolazione, di fiducia, di speranza e di vita.

La fede ci educa a sperimentare la presenza attiva del Signore Gesù all’interno di ogni situazione, anche dentro quelle più sofferte, come in questo tempo così travagliato. Credere in Dio quando tutto procede secondo i nostri schemi e le nostre attese può essere relativamente semplice. Continuare a credere, anzi ravvivare la fede nella presenza amorosa di Dio davanti a ogni genere di fatica, di privazione, di lutto, di solitudine e di sofferenza, come quello che stiamo vivendo in questo periodo, è possibile solo da parte di chi, sentendosi teneramente amato dal Signore, si abbandona in piena fiducia, nelle sue mani, in vita e in morte.

E’ l’insegnamento fondamentale che don Attilio ha continuamente richiamato lungo l’esercizio del suo lungo ministero pastorale, la testimonianza più incisiva ed efficace che Egli ha offerto in questi anni a quanti ricorrevano a lui per essere sostenuti nel loro cammino di fede.

Dio Padre, infatti, si aspetta che anche noi cristiani riviviamo nella nostra vita gli stessi sentimenti di Gesù quale espressione della nostra piena fiducia in Lui, come quando, dall’alto della croce, Gesù si è abbandonato completamente nelle mani del Padre, come abbiamo appena udito nel Vangelo.

Utilizziamo questo tempo di riflessione per rivivere il momento più drammatico della vita di Gesù. Egli, in piena solitudine, abbandonato dai suoi discepoli, deriso dai capi che lo avevano condannato a morte, da quanti erano sotto la croce e lo invitavano a scendere, quale prova suprema della sua messianicità, non ha opposto resistenza, ma ha rimesso tutta la sua vita, in piena fiducia, nelle mani del Padre. Era certo, avendo vissuto l’intera avventura umana in piena conformità con la volontà del Padre, che Dio sarebbe comunque intervenuto per salvarlo dalla morte. Certo, associare la croce alla divinità non poteva che essere considerata al tempo di Gesù come nei nostri, una autentica follia. Eppure la follia della croce, si è rivelata vincente.

Ora anche noi, proclamando per fede la risurrezione del Signore, mentre affermiamo che la morte non ha avuto potere su di lui, proclamiamo la vittoria della vita sulla morte, come cantiamo nella liturgia: “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa”.

Le tenebre oscure non hanno vinto; la fedeltà di Dio ha scavalcato ogni previsione, rimuovendo e superando, attraverso la forza dell’amore, ogni ostacolo, che impedisce alla vita di risplendere in pienezza.

Questa certezza deve accompagnare anche noi, discepoli di Gesù risorto, mentre affrontiamo coraggiosamente le difficoltà e gli ostacoli della vita presente, quando siamo nel dolore per la perdita di una persona cara. Nonostante e oltre tutti i nostri fallimenti, difficoltà e stanchezze, è sempre possibile ricominciare. L’amore infinito del Signore apre nuovi sentieri dentro le nostre sconfitte umane, così da poter a nostra volta annunciare: “Perché cercate tra i morti Colui che è vivo? Non è qui. E’ risorto!”.

 Gesù Cristo, signore della vita, è il primogenito dei suoi fratelli, ossia il primo tra i risorti da morte, non più temuta come la dissoluzione di ogni realtà, ma considerata solo come porta di ingresso verso una pienezza di beatitudine che non ha fine.

Quale ministro di Dio, anche don Attilio ha compiuto ogni sforzo nell’ educare i cristiani a vivere fin d’ora da risorti, in virtù del Battesimo ricevuto, segno della nuova vita. Possa ora goderla in pienezza, mentre come comunità cristiana, preghiamo per lui, in cammino per raggiungere la meta della nostra speranza. Lo accompagna il Cristo Signore, il cui tenerissimo cuore rivela la profondità del suo amore verso i suoi fratelli sacerdoti, che lo rappresentano al vivo, cercando di seguirlo fedelmente, di amarlo e di farlo amare.

 

 

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