III Domenica Quaresima – Anno B

La scorsa domenica abbiamo condiviso l’Eucaristia con la comunità parrocchiale dell’Annunciata, presso la basilica del Crocifisso in Como. Oggi abbiamo la gioia di incontrare altri nuovi fedeli, rappresentanti della comunità pastorale di s. Agostino e di s. Giuliano, che saluto cordialmente e ringrazio per la loro accoglienza.

Visitandoci, è uno scambio di doni con cui ci arricchiamo gli uni gli altri, un modo per confermarci nella fede reciprocamente, per stabilire o intensificare le nostre relazioni fraterne, così che la nostra preghiera salga al Padre ricca dell’apporto di tutti, in un unico comune respiro.

 

Condividiamo le grosse fatiche di questo tempo di pandemia, non nascondiamo le nostre paure anche per il futuro incerto che ci aspetta. Tuttavia, come cristiani, abbiamo il compito di aiutarci a ricuperare fiducia nel futuro, dal momento che molti nostri contemporanei sono pervasi proprioc dall’assenza totale di fiducia e di sogno.

Siamo uniti a quanti ci seguono attraverso la televisione, soprattutto con coloro che soffrono o per quanti in questi giorni sono particolarmente provati.

Come sapete, la nostra città di Como sta subendo in questi giorni una accelerazione nei contagi dal virus. Assieme all’intervento delle équipes mediche, che di nuovo ringraziamo per il loro impegno, osiamo ancora una volta volgere lo sguardo con fiducia al cielo perché Dio padre, ricco nell’amore, si prenda cura dei suoi figli e venga in nostro soccorso.

 

Ci siamo così introdotti nel tema centrale della Parola di Dio, annunciata in questa terza domenica di Quaresima, ossia dove incontrare Dio e come celebrare un vero culto secondo il nuovo testamento.

È stato narrato il vangelo in cui, entrato nel tempio di Gerusalemme per la festa di Pasqua (la prima delle tre pasque narrate dall’ evangelista Giovanni), Gesù prende una dura posizione contro la mercificazione in esso adottata, che riduce il tempio non a un luogo di incontro con Dio, ma un vero e proprio mercato. Gesù infatti trovò nei cortili del tempio gente affaccendata nel vendere buoi, pecore e colombe, così da esclamare a gran voce: “Non fate della casa del Padre mio un mercato!

E con grande risolutezza Gesù proclama, in quanto figlio del Padre, la fine del tempio, sostituito da Lui stesso, il nuovo tempio in cui riconoscere e onorare il Padre: ”Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gesù non parla propriamente del tempio di pietra, la cui costruzione ha richiesto quarantasei anni, ma allude al “nuovo tempio” che è il suo corpo, perché è solo in Gesù che Dio è ormai presente al suo popolo.

[Queste espressioni si collegano con un altro breve passaggio evangelico di grande importanza, in cui si afferma: “nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” e alle espressione di Gesù rivolta alla donna samaritana, che proclama: “è venuto il momento in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e verità ” (cfr Gv 4,28).]

La preghiera cristiana è così il luogo di un vero incontro con Dio Padre. Essa non può essere ridotta a una serie di formule astratte, tanto per soddisfare un’esigenza emotiva dell’anima o continuare una semplice abitudine. La preghiera cristiana non è una somma di invocazioni veloci da usare per abitudine in determinate occasioni, o per procacciarci qualche favore divino.

La preghiera cristiana è innanzitutto per noi una preghiera filiale, intensa e piena di fiducia, come quella di Gesù, ben coscienti di essere anche noi figli amati, mossi dalla certezza consolante di appartenere a un Padre che ci ama e si prende cura di noi.

Una preghiera che scaturisce dal desiderio sincero di vivere secondo la volontà di Dio, accolta come il sommo bene per noi.

Preghiamo e invochiamo il Padre nella convinzione di poter essere aiutati a realizzare ciò che il Padre stesso ci chiede, a partire dalla osservanza dei comandamenti, ricordati nella prima lettura, dal momento che il vero culto si svolge mediante una esistenza secondo il vangelo di Gesù, nella vita ordinaria di tutti i giorni.

Lo Spirito Santo, poi, che ispira la nostra preghiera, ci convince interiormente di impostare in modo stabile la nostra vita secondo la sapienza di Cristo crocifisso, ossia nell’intento di trasformare ogni nostro gesto quotidiano in un vero atto di amore, quindi di dono e di servizio fraterno, come ci ricorda s.Paolo nella seconda lettura. Questa scelta di sapienza evangelica sarà motivo di scandalo da parte di molti, come quanti, ai primi tempi della comunità cristiana e poi lungo la storia della Chiesa, che dichiaravano Cristo crocifisso “scandalo per i Giudei e follia per i pagani”.

Molto spesso siamo tentati anche noi di preferire altre sapienze, che ci suggeriscono di approfittare di ciò che siamo a nostro vantaggio o di utilizzare ciò che possediamo in funzione esclusiva di noi stessi, in una vita in cui l’egoismo e l’utilitarismo la fanno da padrone, come se gli altri non ci appartenessero e non fossimo un’unica famiglia di fratelli.

Tutto cambia se, invece, viviamo secondo Cristo crocifisso e la sua sapienza! Allora la solidarietà e l’interesse per i fratelli, tutti figli, come noi, amati e preziosi dallo stesso Padre, rientrano nel nostro progetto di vita, da cui scaturiscono scelte nuove,  orientate a “formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri” (FT 96). La sapienza della croce del Signore ci stimola infine alla capacità quotidiana di allargare la nostra cerchia, di arrivare a quelli che spontaneamente non sentiamo parte del nostro mondo di interessi, benché siano vicini a noi, dal momento che siamo un solo corpo in Cristo.

Questo è il frutto della Eucaristia che stiamo celebrando.

 

condividi su