Messa in Coena Domini

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Reduci dal pellegrinaggio in Terra Santa, i nostri seminaristi, sanno ora collocare con facilità e immediatezza il testo evangelico che è stato annunciato, nel luogo preciso in cui Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli: il Cenacolo, sul monte Sion di Gerusalemme, attualmente una sala non adibita al culto, una ex moschea, di proprietà degli Ebrei, dove normalmente non è possibile celebrare l’Eucaristia.
Nel racconto della lavanda dei piedi appare evidente il disappunto e lo sconcerto di Pietro, la sua meraviglia e il suo stupore, come molti mosaici hanno saputo ben evidenziare. Gesù prende lui stesso l’iniziativa: Lui il Signore e Maestro lava i piedi ai suoi discepoli.
Una scelta tanto diversa dalle attese degli uomini. E qui emerge non solo Gesù che compie un gesto di grande umiltà, ma anche soprattutto diviene evidente una specifica caratteristica di Dio Padre, di cui Gesù, uomo Dio, è l’immagine piena e perfetta rivelazione.

Si tratta, infatti, di un Dio che serve l’uomo. Al contrario, nella nostra mentalità umana, sarebbe l’uomo a dover servire Dio. Questa è la novità assoluta, ma anche confortante. Abbiamo Dio che si mette dalla nostra parte e così cambiano tutte le nostre prospettive. E’ un Dio vicino all’uomo, che non crea distanze, che si abbassa fino alla condizione di servo, come canta un inno liturgico, inserito nella lettera ai Filippesi: “Pur essendo nella condizione di Dio non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2, 6-7).

Gesù, di sua spontanea iniziativa, nella notte in cui era ben cosciente che i suoi discepoli lo avrebbero tradito e lasciato solo, lava loro i piedi, perfino a Giuda. Nessun ostacolo blocca il desiderio di Gesù di mostrare la sua infinita compiacenza nei confronti dell’uomo, amando i suoi fino alla fine. Dio ci ama al di là dei nostri meriti, della nostra condizione umana, ci ama indistintamente.
Seguire Gesù comporta per tutti i discepoli di Gesù, in qualunque vocazione emergente dal Battesimo, la incondizionata volontà di condividere il suo stile di maestro e signore, di Messia “venuto non per essere servito, ma per servire e dare la vita”. Ogni ministro del vangelo, ogni cristiano, è un servo (dulos), un servo di Dio, di Gesù Cristo e dei fratelli. Il padrone si fa servire, il servo, che è tale a causa di Gesù, dà, anzi, si dà.
S. Francesco di Sales diceva, a riguardo della sua consacrazione a vescovo: “Dio mi ha tolto a me stesso per prendermi per sé e darmi al popolo, affinché io non vivessi più che per lui e per loro”. Vorrei che chi si prepara al ministero ordinato si nutrisse fin da subito di questi saggi ammonimenti per vivere personalmente il futuro ministero là dove c’è bisogno, dove la Chiesa invia, e non dove si vorrebbe arrivare per ambizione o per comodo. Si tratta di impostare la vita non per noi stessi, per delle mete prefissate, magari a lungo coltivate, ma come Gesù, che ci ha amati e ha dato la vita per tutti, al di là di ogni condizione umana.

Oscar card. Cantoni

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