Quaresima 2019:
testimoni dell’amore più grande

Segno di Croce

Dal libro del profeta Giona 3, 1-10
In quel tempo, fu rivolta a Giona la parola del Signore: «Alzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore.
Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli..

Padre nostro

Preghiera:

Signore Gesù:
Ti preghiamo, o Padre,
per il nostro Papa Francesco
di cui ricorre il sesto anniversario
di elezione;
assistilo con il tuo Santo Spirito
nella sua missione di pastore
della Chiesa universale
e a noi concedi
una forte volontà
di comunione con lui
e la docilità
ai suoi insegnamenti.
Amen.

OGGI

Anniversario dell’elezione di Papa Francesco (2013). «La mia gente è povera e io sono uno di loro», ha detto una volta – quand’era Cardinale a Buenos Aires – per spiegare la scelta di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo. Ai suoi preti ha sempre raccomandato misericordia, coraggio e porte aperte. La cosa peggiore che possa accadere nella Chiesa è quella
di mettere al centro se stessi e non Cristo e il Suo Regno.

Testimoni dell’Amore, annunciamo il Suo Regno

Quest’oggi ho incontrato il “Buon Dio”! Sì, il Buon Dio che oggi ho incontrato ha 5 anni ed è leggermente cerebro leso. Me lo sono trovato in stanza, accompagnato dalla sua giovane mamma, disperata non sapendo più cosa fare e dove rivolgersi. Uno dei sacerdoti diocesani, P. Anthony, l’ha mandata da noi, qui al Villaggio dei Bambini, di Nella Casa del Padre Mio (In My Father’s  House – Abor, Volta Region, Ghana, West Africa), dove oramai tutti sanno che in questa Father’s House “ci sono molti posti” e dove, proprio per questo motivo, per tutti, si troverà un posto
Incominciammo ad esaminare il caso e, come succede spesso, la povera mamma Elisabeth, aveva già speso tutti i suoi soldi per portare il bambino ai diversi ospedali locali fino al grande  ospedale di Korle-Bu, di Accra, la capitale, dove, solo al sentire il nome dell’ospedale e al pensare a tutta la sua burocrazia e… ai molti soldi che spesso vengono chiesti, legalmente e  illegalmente, oltre che all’andirivieni e alle attese di fiumane umane e di innumerevoli rinvii, la gente si mette le mani nei capelli disperata, scoraggiata e angosciata, sentendosi totalmente alla mercé di una situazione dove il ricco vince ed il povero soccombe. Chiamati il nostro manager e la nostra operatrice sociale decidemmo di rimandarli al grande ospedale – incubo di Korlibu e
di sobbarcarci le spese, oltre naturalmente ad accompagnarli col nostro personale più esperto e più avveduto.
A questo punto la mamma Elisabeth fece un sorriso enorme che arrivava da orecchio a orecchio. Non stava più nella pelle dalla contentezza. Ci mettemmo d’accordo sul gi orno e la data, oltre
che al veicolo, l’autista e l’accompagnatore – il nostro giovane Vincent, studente di medicina e gestore della nostra piccola infermeria – e, all’ammontare dei soldi necessari (!). Elisabeth, accennò ad alzarsi, ed allora, come da un torpore si svegliò anche il bambino e all’improvviso incominciò a salutare con le sue piccole manine ma anche con un grande sorriso e con gli occhioni grandi e lucidi. Corsi subito al mio piccolo armadietto dove di solito tengo alcuni biscotti e caramelle e gliene offrii un paio. Li prese con immensa gioia mentre la mamma con enorme
gratitudine se lo caricava sulla schiena e lui salutava sorridendo. Stavano già sulla porta d’uscita quando le chiesi: “Per favore, Elisabeth, mi sono dimenticato di una cosa”, la mamma si voltò e  mi guardò, forse aspettandosi qualche imprevisto, “Come si chiama il bambino?”. Lei disse sorridendo, quasi con orgoglio: Si chiama “Mawunyo” ed uscì accompagnata dai miei assistenti.
Io, fui colpito come da un fulmine. Mi ritirai subito nella mia camera interna e scoppiai in lacrime. Si quel giorno piansi veramente, erano lacrime di gioia. Mawunyo vuol dire “Buon Dio”,
“Dio è Buono”. Sì, Dio è buono, è il buon Dio, è il Dio buono che cammina con noi, e io – ne sono certo – gli ho dato un paio di biscotti e caramelle.

Padre Peppino Rabbiosi
Missionario Comboniano – Abor (Ghana)

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