Santa Messa di ringraziamento per la canonizzazione di San Giovanni Battista Scalabrini

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Cari fratelli e sorelle, amati dal Signore,

Benvenuti tutti voi in questa nostra casa comune, provenienti dalle varie regioni del mondo, da tanti popoli e nazioni. Sentitevi accolti dall’abbraccio benedicente del Padre. Con la forza della sua testimonianza, padre Giovanni Battista Scalabrini, ieri dichiarato santo, ci offre un riflesso vivo dell’amore ardente di Dio padre per ogni uomo, per ogni migrante in particolare, e noi tutti ci sentiamo vivificati e consolati dalla certezza del suo amore.

La santa madre Chiesa, ci riunisce oggi in questa assemblea liturgica per innalzare alla santissima Trinità un canto di lode e di ringraziamento mediante la Celebrazione Eucaristica. Attraverso Cristo, il figlio amato, obbediente fino al dono supremo di sé sulla croce, per la potenza dello Spirito Santo, innalziamo perciò con larghezza a Dio, nostro padre, la comune preghiera di lode e di ringraziamento per il riconoscimento della santità di chi è per noi padre e protettore.

Se attraverso il nostro S. Giovanni Battista Scalabrini, si ravviva e si moltiplica la consapevolezza e la gioia di sentirci figli amati da Dio, nello stesso tempo, siamo stimolati ad accoglierci e riconoscerci come veri fratelli e sorelle tra noi, senza tacere o sottovalutare le nostre appartenenze, anzi, esaltando le differenze e i molteplici contesti di vita da cui proveniamo. Acquistano valore anche le difficoltà e le sofferenze della condizione umana di voi migranti, nei tanti contesti di vita in cui voi siete inseriti, comprese le fatiche per la vostra integrazione nei nuovi ambienti.

Giunge quanto mai appropriata, la parabola evangelica proposta nella liturgia della Parola di oggi. Possiamo identificare molto facilmente il santo vescovo Scalabrini nella nobile figura del Samaritano, che si è fatto prossimo del Giudeo ferito, si è reso vicino, si è preso cura con amore e con rispetto di quel povero lasciato a terra, ai bordi della strada. Anche i migranti sono spesso come l’uomo gravemente ferito della parabola, succubi di tanti pregiudizi, condizionati da tante barriere storiche e culturali, a volte subendo anche interessi meschini.

Come il buon samaritano è stato “capace di interrompere il suo viaggio, di cambiare i suoi programmi, di essere disponibile ad aprirsi alla sorpresa dell’uomo ferito che aveva bisogno di lui” (FT 99), così il santo vescovo Scalabrini, che fu presbitero a Como e quindi vescovo di Piacenza, ha saputo continuamente riorganizzarsi, mettendo al primo posto le difficoltà dei migranti, avendo fatto propri i loro drammi e avendo scelto di accompagnarli e sostenerli nelle loro necessità.

Non solo ha commiserato i profughi, ma anche si è adoperato con ogni mezzo, anche presso i responsabili civili, perché non si sentissero abbandonati a un triste destino. Si è mostrato una presenza vigile, propositiva, favorendo le condizioni perché i migranti fossero accolti dal nuovo ambiente di vita, soprattutto nelle comunità cristiane e fossero riconosciuti come un dono e una vera risorsa.

Abbiamo imparato a conoscere e amare il santo vescovo Scalabrini attraverso la presenza e l’impegno attivo di coloro che hanno seguito il suo progetto di vita nella sequela di Cristo, mettendosi a disposizione dei migranti, accompagnandoli e sostenendoli con ogni sollecitudine.

Sono le Congregazioni dei Padri e Suore Scalabriniane e le Missionarie Secolari Scalabriniane, che ispirati da Lui, hanno seguito il suo esempio, figlie e figli primi che proseguono e sviluppano nel tempo le aperture profetiche del loro Fondatore. Secondo le esigenze dei differenti contesti di vita, nei vari paesi del mondo, condividono una comune missione, quanto mai urgente e necessaria ancor oggi. Li ringraziamo per il loro impegno nell’aiutare e assistere i profughi e i migranti, mentre stimolano la società, le istituzioni a sostenere quanti hanno perso patria, famiglia, lavoro e dignità.

Avvertiamo, nello stesso tempo, per ritornare alla parabola evangelica, che anche ciascuno di noi può trovarsi ogni giorno davanti a una scelta: quella di essere un buon samaritano, oppure di reagire, nelle diverse situazioni, come viandanti che passano a distanza, senza compromettersi. Spesso anche noi non sappiamo scrollarci di dosso l’indifferenza, che dice estraneità, disinteresse, disimpegno.

L’esempio di san Giovanni Battista Scalabrini e dei suoi discepoli risvegli in tutti noi l’interesse per gli altri, il nostro prenderci cura gli uni degli altri, senza escludere nessuno. Tutti, infatti, siamo responsabili della “cultura dell’incontro”, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore. Questa festa dei popoli, che stiamo vivendo mediante la Celebrazione Eucaristica, ci renda una cosa sola con il Signore, ma anche tra noi, chiamati a diventare amici, anche dei più poveri e degli ultimi.

Oscar card. Cantoni
Vescovo di Como

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