Venerdì Santo

La passione del Signore secondo Giovanni acquista un respiro particolare. Mentre gli altri evangelisti sottolineano nella narrazione della passione la sofferenza del Giusto, richiamano l’immagine del Servo di Dio espiatore, lasciano intravvedere la sapienza di Dio nascosta nella follia della croce, il Vangelo di Giovanni fa risplendere direttamente la gloria di Gesù già nel suo infamante processo, nella passione e morte in croce. La croce è presentata come il trono regale di Gesù, qui avviene la sua esaltazione; la sua morte è il compimento di tutta la sua opera, la vittoria definitiva sul potere del maligno. Giovanni non conclude la narrazione con la morte di Gesù, ma sottolinea che dal fianco trafitto di Gesù sgorga il flusso della vita e della salvezza: si tratta dello Spirito, frutto della morte redentrice di Gesù. Dalla morte gloriosa del Signore, dalla sua croce fiorita, nasce la vita del popolo di Dio. I discepoli di Gesù, in ogni tempo, prendono parte alla vita divina che il  Signore glorificato comunica loro. Per mezzo di Gesù, che è una cosa sola col Padre, i discepoli vengono immessi nella comunione con lui.

Il  Signore glorificato, tuttavia, non è distaccato dagli uomini. Egli è Colui che conosce fino in fondo la nostra umanità, come ci ha ricordato la lettera agli Ebrei. Egli è degno della nostra fiducia perché, dentro la sua umanità, ha toccato con mano la nostra debolezza, ha sperimentato su di sé il peso della nostra fragilità. È quindi in grado di comprendere le nostre sofferenze, avendole egli stesso provate. Cristo, quindi, è uno che soffre. Soffre perché ama. Il mistero della Pasqua, in quanto mistero di sofferenza, è nella sua essenza un mistero d’ amore. E’ con questa certezza che ora la nostra preghiera diventa un flusso d’amore al Padre attraverso Gesù, “sommo sacerdote grande”, che intercede continuamente per noi.

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