Mercoledì della III Settimana di Quaresima

Segno di Croce

Dal libro del Deuteronomio (Dt 4,1.5-9)

Mosè parlò al popolo e disse: «(…) guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli.

Padre nostro

Preghiera:

Accogli, Padre, i gesti della carità e della solidarietà.

Rafforzali con generosità senza riserve,

la libertà del cuore e

l’entusiasmo della scelta,

perché ognuno si senta prossimo dell’altro.

Amen.

Lettura:

Nei giorni in cui a Nairobi si svolgeva la conferenza sulla popolazione e lo sviluppo (dopo 25 anni dalla conferenza del Cairo) e le contro-manifestazioni dei gruppi pro-life e pro-famiglia, io seguivo la vicenda della sorellina di una mia carissima amica.

“Rimasta incinta” a sedici anni è un modo di dire che la dice lunga su come solitamente percepiamo le dinamiche di questi eventi. Del padre, minorenne pure lui, non se ne parla, quasi che anche questa gravidanza sia opera dello Spirito Santo. La famiglia della ragazza non sa che pesci pigliare, intrappolata tra ignoranza (=mancanza di educazione) e povertà: viene prima l’onta del misfatto o la fatica (=impossibilità) di dover sfamare un’altra bocca? L’aborto non è l’ultimo dei pensieri… La povertà non è mai solo mancanza di soldi.

La mia amica, che è a tutti gli effetti sorella, madre, tutrice, amica della giovanissima futura mamma, prende in mano la situazione (con molta, molta fatica). La accompagno all’ufficio di un’organizzazione a difesa della vita che accoglie giovani in attesa. Ascoltano attentamente il racconto della situazione ma le dicono, molto gentilmente, che per essere accolte nelle loro strutture, le giovani devono essere in serio pericolo e rifiutate esplicitamente dalle loro famiglie.

È logico e giusto che un’organizzazione così abbia dei criteri, dei filtri per gestire il flusso delle richieste. Ma sembra proprio che per poter essere accolte da una parte si debba essere rifiutate dall’altra. L’umanitarismo scatta solo con l’emergenza.

Ritorno col pensiero al clamore che, almeno qui in Kenya, la conferenza sulla popolazione e lo sviluppo ha scatenato tra i movimenti, principalmente cristiani, attivi contro l’aborto e in difesa della vita e della famiglia. Mi viene da pensare (sarà rabbia o stanchezza?) che forse è facile gridare contro presunti complotti ideologici e lobby internazionali che mirano a distruggere i valori “cristiani” della vita e della famiglia. Più difficile è accogliere concretamente una vita vera. Nella nostra società, per mettere in moto la macchina professionale dell’accoglienza occorre arrivare davvero all’ultimo gradino, occorre una situazione di emergenza, pericolo, minaccia. Se mancano queste condizioni, ognuna si deve arrangiare come può. Sembra che sappiamo diventare “umani” solo in situazioni di emergenza, e possibilmente lontane da noi.

“Diventare umani” in situazioni di emergenza è grandioso. “Restare umani” in situazioni di pura normalità è semplicemente umano, e per questo, cristiano. (L’aggettivo cristiano segue sempre l’aggettivo umano; non può mai venire prima, o essere usato da solo).

Generare. Partorire. Accogliere.

Per generare una vita ci vogliono due persone e richiede un attimo.

Per partorire, ne basta una, e richiede più di un attimo.

Per accogliere una nascita ci vuole una comunità intera. E richiede una vita intera.

Padre Stefano Giudici

Missionario comboniano in Kenya

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