Commemorazione Beato Giovanni Battista Scalabrini

Saluto con gioia tutti i presenti, membri di questa Comunità parrocchiale, con i loro Pastori: don Giuseppe, don Fabio e don Maurizio, le autorità civili, insieme ai membri rappresentanti i tre gruppi di Vita Consacrata, fondati dallo Scalabrini, i Missionari scalabriniani, le Missionarie scalabriniane e le missionarie secolari scalabriniane. Un bene arrivati anche ad alcuni amici di Piacenza/Bobbio, diocesi di cui d. SCALABRINI fu vescovo per molti anni, fino alla morte.

Con il rendimento di grazie di questa mattina, noi facciamo memoria in particolare dell’anniversario del Battesimo del vostro concittadino, mons. GIOVANNI BATTISTA SCALABRINI, che è coinciso con il giorno stesso della sua nascita, l’8 luglio 1839. Lodiamo il Signore per averci donato questa esemplare figura di apostolo di Cristo, universalmente conosciuto come il “Padre e patrono dei migranti”, così che ancora oggi lo possiamo sentiamo presente e vivo, come uno tra noi, come uno di noi, in questa Comunità parrocchiale, dove egli è diventato cristiano.

È una bella occasione, questa, per fare memoria di questo grande discepolo di Gesù, che ha cominciato proprio qui, in questo ambiente, i primi passi non solo di vita, ma anche della sequela di Gesù. Ci è donata l’occasione per riflettere sul significato del nostro Battesimo, che consiste innanzitutto nel conoscere e amare Gesù, nell’incontrarlo come persona viva e nel seguirlo come Colui che dà senso alla propria esistenza, fonte inesauribile di gioia.

Il Battesimo, infatti, è il primo germe della vita cristiana impiantato dallo Spirito Santo nel cuore di coloro che lo ricevono; è la porta di ingresso di un cammino di fede che cresce nel tempo, all’interno di una Comunità, con cui si condivide l’esperienza cristiana, a partire dalla propria famiglia, piccola Chiesa domestica.

Una comunità dentro la quale, proprio in virtù del sentirci tutti figli amati da Dio, ci esercitiamo nell’arte di accoglierci come fratelli tra noi, impariamo ad aiutarci gli uni gli altri per diventare a poco a poco cristiani e quindi a sperimentare la gioia di una vita donata a tutti, proprio come quella di Gesù.

La Comunità cristiana di Fino può giustamente gioire e trovare motivo di vanto per aver dato i natali al vescovo Scalabrini, ma facendo oggi memoria di lui, prossimo, tra pochi mesi, a essere dichiarato dalla Chiesa santo.

Qui, proprio al fonte battesimale di questa chiesa, è iniziato il cammino di santificazione di Scalabrini, quindi in un terreno semplice, quotidiano, familiare e comunitario, all’interno del quale la fede in Dio ha permeato la sua intera esistenza e ha generato, una volta adulto e pastore, gesti di profonda solidarietà con tutti, fino a prendersi cura dei più disagiati dell’epoca, i migranti. Egli fu colpito dalle folle di emigranti che partivano verso le Americhe e avevano bisogno di essere sostenuti umanamente e spiritualmente.

Proprio qui, a Fino Mornasco, Giovanni Battista Scalabrini, come frutto del Battesimo, ha impiantato le radici per una vita tutta protesa a vivere il Vangelo. Qui ha imparato ad essere attento alle reali e concrete situazioni della gente, di cui si è poi preso cura, avendo compreso che tutti, indipendentemente dalla condizione personale, siamo figli di Dio, quindi degni di ogni premura, essendo noi tutti responsabili gli uni degli altri.

Mi viene spontanea la domanda che presto o tardi affiora in ciascuno di noi: “che ne abbiamo fatto del nostro Battesimo? Siamo consapevoli di avere ricevuto un dono, destinato, se lo vogliamo, all’interno di un cammino di santificazione, a portare molto frutto per il bene nostro e di tanti nostri fratelli e sorelle?

La domanda può anche andare oltre. Stiamo esercitandoci nell’arte del dono di noi stessi, dal momento che la santità non è frutto di opere straordinarie ed eccezionali, ma è esercizio comune di tanto bene, generosamente offerto nella vita di tutti i giorni? Ogni comunità cristiana, ci insegna papa Francesco, “si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino alla umiliazione, se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo” (EG 24). Dietro queste poche righe emerge in trasparenza la figura esemplare del vostro concittadino,  che una volta pastore, colte le urgenze, si è prodigato con generosità ammirabile, come il buon samaritano della parabola proclamata nel vangelo di oggi, senza esitare, senza aspettare riconoscimenti o ringraziamenti, senza attendere che gli altri assumessero le loro responsabilità personali, anzi, impegnando altri a diventare come lui, a sentire la stessa passione, assumendo essi stessi le proprie responsabilità nella  Chiesa e nella Società.

Quanto è diverso da noi, troppo spesso abituati a girare lo sguardo, a voltare le spalle al dolore, a passare accanto, a ignorare le situazioni fin quando esse non ci toccano direttamente.

Non lasciamo che qualcuno resti ai margini della vita, non domandandoci chi sono i nostri vicini a noi, chi è il nostro prossimo, bensì impariamo noi a farci vicini, prossimi (e questo come prova della autenticità del nostro Battesimo, ma anche come segno vivo della grazia e della gioia di essere discepoli di Gesù).

+ Vescovo Oscar

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