Giornata diocesana dell’ammalato

Siate tutti benvenuti in questo luogo santo, la casa di Maria, per questa celebrazione eucaristica, a cui ci diamo appuntamento ogni anno, come membri dell’Unitalsi, che accompagnano e servono i nostri malati.

In questa casa noi tutti siamo attesi, desiderati, al di là delle nostre singole condizioni, perché figli amati.

Maria è qui. Ci riconosce e ci chiama per nome. Non siamo uno tra i tanti. Siamo amati nella nostra individualità, con i doni e le personali fragilità e debolezze che ci caratterizzano.

Il cuore della Madre continua a procurarci quel bene, che una volta promesso ed effuso, continua a rinnovarsi, giungendo abbondante e fecondo fino a noi.

“Bene avrai”, sono le parole di Maria al beato Mario Omodeo, attualissime anche oggi, rivolte a ciascuno di noi.

Qual è il bene di cui noi abbiamo veramente bisogno? A volte noi stessi non sappiamo esattamente ciò che ci è necessario e indispensabile per la sussistenza, per la nostra vita e testimonianza cristiana. Dio, invece, sa bene ciò di cui abbiamo bisogno e, ne siamo certi, non manca di concedercelo per le mani, il cuore e la supplice preghiera di Maria, nostra Madre.

A volte si tratta di un beneficio fisico, della salute, della guarigione da una malattia. Il più delle volte, anche di doni interiori per essere accompagnati nella vita secondo lo Spirito.

Si tratta di beni che ci permettono di affrontare con fiducia e piena consapevolezza le difficoltà, le tensioni nei confronti di quanti vivono con noi, l’incapacità di affrontare con perseveranza le nostre responsabilità, la paura per un futuro incerto, personale o dei nostri figli. E soprattutto chiediamo la generosità per “offrire i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”.

Con i beni che chiediamo al Signore per intercessione di Maria, non ci sono tolte le fatiche della vita, ma ci è data la grazia per affrontarle, la forza per sostenerle, la possibilità per mantenerci nella pace e nella gioia, nonostante le difficoltà e le sofferenze.

Capita spesso anche a noi di trovarci nelle stesse condizioni degli apostoli, i quali, come abbiamo udito nel vangelo, volevano dissuadere il Signore Gesù dal percorrere la strada ardua e dolorosa della croce, cioè dell’amore che include la volontà di donarsi fino alla fine.

Tuttavia, Gesù, con ferma decisione, invita i discepoli di ieri e di oggi a prendere la propria croce, ossia a trasformare ogni avvenimento e ogni occasione come spazio per amare, a imitazione di Lui, che ci ha amato e ha dato tutto sé stesso per noi.

Vorremmo che altre e molto diverse dalle nostre fossero le croci, non quelle che di fatto portiamo! Facilmente crediamo, illudendoci, che altrove, in altri contesti di vita e con persone differenti da quelle che ogni giorno incontriamo, la nostra croce sarebbe più facile da portare con perseveranza. Di fatto, ogni tentativo di fuga si traduce in una occasione persa per servire, per amare, per donarsi!

Risuonano con chiarezza queste espressioni evangeliche: “chi vuol salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”.

Donarci con un amore senza riserve e senza rimpianti: è questo il vero culto spirituale che Dio si aspetta da noi.

Oscar card. Cantoni

 

 

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