La centralità della formazione adulta

Il Consiglio Pastorale Diocesano si è ritrovato a Nuova Olonio, sabato 10 febbraio, per una “Verifica del progetto formativo”. L’incontro, di particolare densità, ha visto la successione di tre momenti: l’inquadramento del tema, curato da don Paolo Avinio, il contributo di sette gruppi di lavoro su sette distinte questioni, la sintesi finale del Vescovo Oscar. L’incontro è stato centrato sulla formazione degli adulti e don Paolo ha sviluppato il suo contributo partendo dall’esigenza pastorale di rimettere al centro gli adulti, la loro identità e la loro presenza nella comunità, attraverso iniziative concrete di partecipazione e di formazione. È comune il disagio avvertito da chi è impegnato nella formazione degli adulti per l’inadeguatezza delle formule tradizionali e per la fatica di individuare orientamenti per progettare strade nuove. La forma adulta del cristiano si configura attraverso un duplice livello: individuale e comunitario. A livello individuale si rende necessaria la valorizzazione della cosiddetta personalità relazionale, che porta a un maggior legame con la comunità di fede a cui si appartiene, legame che non rappresenta un tratto di debolezza ma un segno di arricchimento e di maturità. Tendere a far maturare personalità relazionali richiede la fatica pastorale di far passare dal devozionale al vocazionale, un momento oggi essenziale della formazione, non perché il vocazionale non richieda più forme devozionali ma perché le colloca nella loro giusta luce. A livello comunitario si rende necessaria la promozione di comunità adulte nella fede, ove la comunità ha un ruolo di sostegno e di integrazione per la crescita della fede dei suoi membri.  Importante a questo proposito appare l’incentivazione dei diversi ministeri all’interno delle comunità. Avendo definito formazione come azione attraverso cui avviene una trasformazione del personale progetto di vita o di alcune competenze relative al modo di vivere, don Paolo ha affrontato la questione di cosa significhi l’agire formativo, sottolineando l’importanza che il destinatario della formazione sia il soggetto del proprio apprendimento. Vera formazione comporta che il soggetto primario dell’itinerario diventi la persona invitata a raggiungere specifiche mete formative. C’è poi vera formazione quando viene risolto il problema della motivazione a formarsi. La formazione richiede inoltre una nuova qualità della comunicazione, attraverso la costruzione di una relazione tra chi offre e chi riceve la formazione, superando il modello della trasmissione-lezione come comunicazione monodirezionale. La formazione si realizza attraverso un percorso che faccia fare esperienza e l’insieme dei metodi e delle procedure attraverso cui si realizza una vera interazione sono oggi fondamentali. Poste queste premesse, don Avinio ha affrontato la questione del dove si può diventare adulti nella fede. La risposta tradizionale derivata dal Concilio di Trento è nella parrocchia, attraverso la catechesi e la celebrazione dei sacramenti. Questa scelta, riconfermata dal Concilio Vaticano II con l’importante avvertenza di passare dalla pedagogia del sacramento a quella della liturgia e in essa riqualificare il Mistero Pasquale. Gli adulti cioè vengono formati, in una prospettiva mistagogica, attraverso la partecipazione alle diverse tappe dell’anno liturgico. Nelle esperienze di pedagogia con adulti sempre più si mette l’accento sulla questione pratica per eccellenza: la vera formazione avviene solo in autentiche “comunità di esperienza religiosa”.

Il lavoro dei setti gruppi ha ripreso la figura dell’adulto, la necessità di percorsi formativi qualificati, il ruolo delle figure ministeriali, la flessibilità della formazione, l’esigenza di una progettualità nella formazione, l’importanza di lavorare su alcuni prerequisiti che rendono efficace la formazione, l’importanza della condivisione.

Il Vescovo Oscar è intervenuto offrendo una cornice precisa alla riflessione fatta sul tema della formazione degli adulti. Ha sottolineato come ogni processo formativo debba tenere presente che il Cristianesimo è l’incontro personale e comunitario con Gesù Cristo, seguendo il quale si diventa più uomini. La formazione deve portare al testimoniare che la Chiesa è una presenza di servizio, con la piena consapevolezza che è l’Eucaristia che fonda la Chiesa e che lo scopo della Chiesa non è la Chiesa stessa ma la realtà del mondo. L’adulto è adulto nella misura in cui sa vivere con gli altri e per gli altri. E in questo contesto ha richiamato come la fede non nasca per proselitismo ma per attrazione, offrendo il volto di una comunità pacificante, impegnata a crescere nella comunione, capace di prestare attenzione ai dolori e alle sofferenze della gente e offrendo ai giovani opportunità e strade per entrare in rapporto con i poveri. Sempre in questo quadro ha evidenziato il rischio che i cristiani nel sociale diventino insignificanti, e ha richiamato l’urgenza di una assunzione di responsabilità nella politica a servizio del bene comune. Citando Paolo VI il Vescovo ha ricordato che il grande dramma della Chiesa di oggi è la separazione tra la fede e la vita. Se c’è una urgenza è dare un volto alle comunità apostoliche che possono aiutare in un cammino di formazione. In conclusione, i lavori del Consiglio hanno evidenziato come l’agire cristiano è un’esperienza che costruisce la consapevolezza del proprio essere credenti. Una formazione corretta consiste nel promuovere questa consapevolezza e scelte coerenti dentro la trama della vita, portandole a una più completa maturazione quando appaiono persuasive, sostenendole quando sono in affanno, attraverso i quotidiani gesti della vita, in una logica di servizio che pone il Signore Gesù al centro dell’esistenza.

LUCIANO GALFETTI

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