S. Messa in Coena Domini

Con questa celebrazione liturgica del giovedì santo, siamo aiutati a fissare lo sguardo su Gesù, che nell’ ultima cena con i suoi discepoli, in un momento di forte intimità, anticipa il dono totale di sé, che in seguito Egli realizzerà sulla croce, evento di cui facciamo grata memoria ad ogni Eucaristia che celebriamo.
Sostiamo per ringraziare Gesù per il suo amore così intenso e smisurato, che salva donandosi.

Non sappiamo cosa i discepoli abbiano veramente capito delle parole e dei gesti che Gesù ha compiuto in quell’ ultima cena nel Cenacolo, ma d’ altra parte è difficile anche per noi cogliere il significato del dono che Gesù ci dischiude, perché l’amore di Gesù è divino, così sovrabbondante che va al di là e al di sopra della nostra comprensione umana e delle nostre stesse forze d’amore.

Il nostro amore, infatti, ha sempre una misura ben limitata, perché tutti siamo portati più semplicemente a conservare per noi stessi la nostra vita e cercare il nostro vantaggio personale.

L’amore di Gesù, invece, va al di sopra delle nostre attese e delle possibilità umane.

 

L’incomprensione di Pietro, che si scandalizza e si meraviglia, come del resto anche gli altri apostoli, sconcertati perché Gesù si comporta come uno schiavo, lavando loro i piedi, è anche la nostra davanti all’eccedenza dell’amore di Gesù.

Egli ha scelto di servire donando la vita non solo a noi, suoi amici, ma anche a coloro che non corrispondono al suo amore, non lo conoscono o addirittura lo rifiutano, come nel caso di Giuda.

E questo ci sorprende non poco! Il suo amore è inesauribile, si rivolge veramente a tutti, non conosce limiti, anche se da parte dell’uomo esiste sempre l’oscuro mistero del rifiuto.

Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia dovremmo ringraziare il Signore perché col suo farsi servo, dilata a poco a poco il nostro cuore, così tanto ristretto, perché diventiamo anche noi capaci di gustare un dono così grande, a tal punto da esserne conquistati, pronti ad estendere le nostre forze d’amore, spesso cosi deboli e limitate, a prospettive inimmaginabili senza il suo aiuto.

L’ambiente sociale in cui viviamo non ci aiuta affatto a cogliere la profondità del dono di Gesù, quello a cui anche noi siamo chiamati a riprodurre, “lavandoci i piedi” gli uni gli altri, senza esclusione di qualcuno.

A causa della attuale pandemia, riteniamo più salutare tenerci alquanto distanziati dagli altri, così che i nostri contatti siano molto ridotti; abbiamo paura di contagiarci reciprocamente e le nostre relazioni sono limitate. Siamo spesso travolti dalla paura e dalla inquietudine, così che facciamo fatica a soccorrere i fratelli.

Occorre tuttavia riconoscere che non mancano tra noi gesti di solidarietà profonda e segni di vera umanità, che dicono la vicinanza del cuore, il desiderio sincero di essere di aiuto. Per quanto le nostre forze d’amore siano limitate e spesso circoscritte, esprimono la volontà di affrontare insieme la situazione e di vincere la solitudine che ci rattrista e ci separa.

Molti dei nostri gesti, quindi, sono eucaristici, come quelli di Gesù, perché marchiati dalla fatica dell’impegno, della sofferenza offerta, siglati dal dolore condiviso.

Emergono dalla gioia di familiari e amici di coloro che hanno ritrovato le forze, dopo giorni di fatica e di lotta; sono espressione di un dono che non conosce orari, espressione di quanti sono dimentichi di loro stessi.

Ogni opera di bontà per l’altro, specialmente per i sofferenti e gli emarginati, è anche per noi un servizio di lavanda dei piedi. “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”, dice il Signore.

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